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Schizofrenia

aggiornato al | Staff | COMPRENDERE I DISTURBI MENTALI

a cura di Davide Zanzot, medico in formazione specialistica - psichiatria con la collaborazione di Domenico Berardi, Professore ordinario di Psichiatria, Università di Bologna

Che cos’è la schizofrenia
Innanzitutto occorre sottolineare come schizofrenia non sia un sinonimo di psicosi. La schizofrenia è una complessa patologia psichiatrica ad ezologia multifattoriale: fattori genetici, neurobiologici, ambientali, psicologici e sociali contribuiscono all’insorgere della malattia. Non si tratta però di una malattia dovuta ad un singolo gene ma sono coinvolti migliaia di diversi geni, in alcuni casi gli stessi che sono alterati nel Disturbo Bipolare. Tali geni regolano il funzionamento cognitivo, il volume cerebrale, il processamento neurobiologico delle informazioni e le risposte allo stress. Le alterazioni dello sviluppo neuronale, che inizierebbero già durante il secondo trimestre di gravidanza, diventerebbero evidenti soltanto durante l’adolescenza/prima età adulta. Quindi un determinato individuo nasce con un certo patrimonio genetico che lo predispone alla malattia, la quale però si verifica soltanto
se l’effetto della vulnerabilità genetica e dei fattori stressanti supera la soglia individuale di adattamento psicosociale. Se tale soglia viene superata, l’individuo manifesta la propria fragilità attraverso lo sviluppo dei sintomi. Geni e ambiente quindi si influenzano a vicenda. I principali fattori di rischio ambientale per la patologia sono: infezioni materne durante la gravidanza, complicanze ostetriche (come ipossia fetale), una storia di traumi infantili (abuso e trascuratezza, episodi di bullismo) o di persistenti problemi sociali nell’infanzia, eventi di vita stressanti (compresa la migrazione con scarsa integrazione nel Paese d’arrivo), traumi cerebrali e utilizzo di cannabis durante l’adolescenza (quest’ultimo fattore può anticipare di diversi anni l’esordio della malattia). La prevalenza di schizofrenia è più elevata nelle grandi città e nei contesti di tipo urbano. A Bologna vi è una prevalenza all’incirca di16 casi su 100.000 abitanti. D’altro canto, la ricerca scientifica ha dimostrato come esistano dei fattori di natura familiare e sociale protettivi nei confronti dello sviluppo della malattia, quali relazioni materne positive, coinvolgimento in attività sportive e ricreative con i propri coetanei e coesione sociale nel quartiere d’appartenenza.

I sintomi della schizofrenia
La schizofrenia colpisce uomini e donne alla stessa maniera, ma negli uomini ha un esordio più precoce ed in genere una prognosi peggiore. L’età di esordio varia tra i 13 e i 45 anni. La prevalenza nella popolazione generale è circa dell’1%. Classicamente i sintomi della schizofrenia si dividono in sintomi positivi ed in sintomi negativi.
- I sintomi positivi riflettono un eccesso di funzioni fisiologiche. Sono i cosiddetti sintomi psicotici. Essi comprendono deliri, allucinazioni, distorsioni del linguaggio e del comportamento (che può divenire bizzarro o agitato). Alla base di tali sintomi vi sarebbe una disfunzione del sistema dopaminergico (la dopamina è uno dei neurotrasmettitori del nostro sistema nervoso centrale). Il delirio è un disturbo del contenuto del pensiero: una falsa convinzione da parte del soggetto, che però è assolutamente certo del proprio giudizio (vi sono deliri di persecuzione, di gelosia, di grandezza, a sfondo erotico, somatici e molti altri ancora). La maggior parte dei deliri nella schizofrenia ha un contenuto bizzarro. E’ fondamentale, per chiunque abbia a che fare con un paziente schizofrenico non banalizzare il delirio: con esso, il malato ci descrive la sua realtà vitale, che viene da egli esperita come certezza. La certezza delirante non può essere scalfita né dall’esperienza né dalle contro-argomentazioni.
L’allucinazione invece è una falsa percezione che si manifesta senza stimolo esterno. Nella schizofrenia le allucinazioni sono prevalentemente uditive, ma possono coinvolgere ipoteticamente qualsiasi sfera sensoriale. Tali sintomi compaiono e si accentuano in condizioni di stress e instabilità portando ad una situazione di scompenso clinico che porta spesso il paziente all’attenzione del medico. I sintomi positivi solitamente presentano una buona risposta alla terapia farmacologica.
- I sintomi negativi invece corrispondono a una serie di difficoltà che il paziente sperimenta rispetto ai propri pari e comprendono: carenza di motivazione ed energia, abulia (linguaggio povero di contenuti), apatia, anedonia (incapacità di provare piacere), ritiro sociale, riduzione dell’affettività e della socialità.
Solitamente sono stabili nel tempo ma sono importanti per definire la prognosi di un paziente. Per il fatto che questi sintomi sono meno eclatanti, fanno sì che chi ne soffre giunga tardivamente all’attenzione del medico e ciò può influire sulle effettive possibilità di trattamento.

I principali quadri clinici
Si distinguono una fase premorbosa, una fase prodromica ed una fase conclamata di malattia. Nella prima, che può durare molti anni, vi possono essere lievi anomalie nella sfera sociale e cognitiva e il soggetto può sviluppare interessi particolari e bizzarri, diversi da quelli dei coetanei. Nella seconda invece diventano evidenti i sintomi dell’umore, le alterazioni cognitive (deficit dell’attenzione e della memoria), sintomi psicotici lievi, alterazioni del comportamento e progressivo ritiro sociale.
Come già ricordato, è molto importante riconoscere la malattia al suo esordio e trattarla precocemente: è infatti inequivocabilmente dimostrato come la durata di malattia non curata si associ all’esito negativo e al deterioramento più precoce. La malattia generalmente esordisce in fase conclamata con un episodio psicotico acuto, spesso a forte carica emozionale e che può portare all’ospedalizzazione. I sintomi della patologia durante la fase conclamata includono una vasta gamma di sintomi tra cui deliri e allucinazioni, disfunzioni cognitive, comportamentali ed emozionali.
Possono essere didatticamente distinti alcuni quadri di schizofrenia:
Schizofrenia paranoide: prevalgono i deliri e le allucinazioni uditive. I sintomi negativi sono meno frequenti. Ha una buona risposta alla terapia farmacologica
- Schizofrenia disorganizzata: insorge in giovane età ed ha una prognosi peggiore. Prevalgono il comportamento ed il linguaggio disorganizzato ed i
sintomi negativi
- Schizofrenia catatonica: con disturbi del comportamento motorio. La catatonia è una complessa sindrome clinica caratterizzata da mutismo, immobilità, posture bizzarre o all’estremo opposto estrema eccitazione psicomotoria afinalistica e disorganizzata
- Schizofrenia indifferenziata: quadro di malattia che non rientra in nessuno dei quadri appena descritti
La maggior parte dei pazienti presenta un decorso di malattia caratterizzato da episodi acuti in cui i sintomi diventano molto eclatanti sul piano clinico, intervallati da periodi di relativo benessere e remissione sintomatologica. In altri casi, durante i periodi di remissione, permane un deterioramento sul piano del funzionamento globale. Nel lungo termine, la principale causa di disabilità della malattia sono i sintomi cognitivi.
I sintomi cognitivi comprendono un deficit cognitivo generale (una cui misura è il QI), l’alterazione delle funzioni esecutive e il deficit della cognitività sociale.
Quest’ultima è alla base delle relazioni intepersonali. Molti soggetti schizofrenici hanno difficoltà a prevedere il comportamento altrui, a comprendere messaggi non verbali e a comprendere il senso della comunicazione a seconda del contesto. Questi deficit sono molto impattanti sul funzionamento sociale dei pazienti. Come in precedenza specificato, i sintomi cognitivi compaiono molto presto nella storia della malattia, potendosi identificare già nella fase premorbosa e diventando più evidenti in quella prodromica.
I primi Autori che studiarono questa patologia nel diciannovesimo secolo erano convinti che la schizofrenia portasse inesorabilmente ad un decadimento cognitivo precoce, tanto che la malattia era anche chiamata dementia praecox. Oggigiorno si sa invece che non è affatto così. Circa un quarto dei pazienti presenta dei deficit cognitivi ingravescenti, un altro quarto presenta sintomi cognitivi che vanno incontro a un lieve peggioramento per poi stabilizzarsi mentre all’incirca nella metà dei pazienti tali sintomi sono nettamente meno invalidanti e tendono ad essere di lieve entità sin dall’esordio. In una piccola percentuale di pazienti, addirittura, non si sviluppano mai.

Alcune peculiarità psicopatologiche
Oltre ai sintomi appena discussi, caratteristici di alcuni quadri di schizofrenia sono i cosiddetti disturbi dell’Io-coscienza. Il soggetto può perdere la naturale certezza di essere se stesso. Può sentirsi internamente frammentato, estraniato, alienato. Nelle forme più gravi può vivere esperienze di perplessità e di rallentamento motorio fino allo stupore. Il paziente può cercare di scuotersi da questo deficit di attività mettendo in atto movimenti ripetitivi (stereotipie), ripetendo in maniera monotona parole o verbi (verbigerazione), ripetendo i movimenti e le parole di chi gli sta attorno
(ecoprassia, ecolalia). Si tratta di tentativi estremi da parte del malato di riacquistare la propria vitalità. Questi disturbi si presentano di solito nel contesto della schizofrenia catatonica. In alcuni casi questa mutata esperienza di sé può aprire la strada per il delirio: il paziente che non si sente più vivo, che si sente frenato o lacerato da qualcosa internamente, può essere portato a credere di essere perseguitato, a credere che qualcuno si inserisca nei suoi pensieri e glieli sottragga (deliri di furto e influenzamento del pensiero), o convincersi di essere già morto (delirio nichilistico).
Il malato, con il delirio, ci rende partecipi della minaccia di distruzione che incombe sulla sua vita.

Le opzioni terapeutiche e il ruolo della famiglia
Il trattamento psicofarmacologico dei pazienti schizofrenici si avvale prevalentemente dei farmaci antipsicotici. Tali farmaci si distinguono in farmaci di prima o seconda generazione. I primi danno maggiormente effetti collaterali di tipo parkinsoniano (ovvero tremori, disturbi del movimento e della marcia) e disfunzioni ormonali/sessuali. I farmaci di seconda generazione (i cosiddetti atipici) sono oggigiorno maggiormente utilizzati perché causano in misura molto minore disturbi del movimento. Hanno però anch’essi una serie di effetti collaterali, che variano da farmaco a farmaco. Non esiste il farmaco giusto per chiunque. Prima di scegliere la terapia per uno specifico paziente va fatta una valutazione clinica per individuare quale sia in quel paziente la molecola con il miglior rapporto beneficio terapeutico/probabili effetti collaterali. I farmaci possono essere somministrati per via
orale o tramite le cosiddette formulazioni depot, iniettabili per via intramuscolare ogni due o quattro settimane: tali formulazioni garantiscono un rilascio continuo del farmaco e una copertura antipsicotica di lunga durata. L’obiettivo desiderabile è quello di trattare ogni paziente con un singolo farmaco ed al dosaggio minore efficace. A volte sono necessari diversi cambi di terapia per trovare il farmaco giusto che assicuri un’adeguata copertura terapeutica e non provochi effetti collaterali fastidiosi o invalidanti. Altri farmaci utilizzati nei pazienti schizofrenici sono gli stabilizzatori dell’umore e gli antidepressivi nel caso si sviluppino anche dei disturbi della sfera affettiva. 
Anche se i farmaci costituiscono una risorsa indispensabile, non esauriscono la complessità del trattamento di questa patologia. Va innanzitutto sottolineato come l’aderenza al trattamento da parte del paziente sia spesso scarsa, a causa della scarsa consapevolezza di malattia. Il paziente inoltre presenta dei gravi deficit nelle relazioni interpersonali e nelle capacità di inserimento sociale, sui quali non esistono farmaci in grado di agire. A questo scopo, possono essere attuati programmi di riabilitazione psichiatrica e psicosociale grazie alla collaborazione tra psichiatra, psicologo ed altre figure professionali quali gli assistenti sociali e gli educatori professionali. Possono avere un ruolo anche le comunità terapeutiche ed i centri diurni. E’ importante individualizzare il programma per il singolo paziente, con lo scopo di consolidarne risorse e competenze al fine di prevenire ulteriori fasi di
scompenso. Vengono quindi promosse le competenze sociali e relazionali del paziente attraverso interventi di abilitazione e di intermediazione sociale. Gli obiettivi sono la remissione dei sintomi, la gestione autonoma delle esigenze quotidiane da parte del paziente ed il mantenimento di relazioni familiari ed amicali soddisfacenti.
Per i pazienti che desiderano lavorare, è fondamentale inoltre mettere in atto delle strategie centrate sul sostegno delle abilità individuali. In molti casi, i pazienti possono beneficiare di Borse Lavoro, inserimenti in Cooperative o partecipazione a Tirocini retribuiti.
Infine, nella gestione di questi pazienti è fondamentale il ruolo della famiglia. Da una parte, una famiglia con buone risorse può infatti tamponare il rischio genetico di cui si è parlato ad inizio presentazione. Ma anche a patologia già manifesta, l’alleanza terapeutica con i familiari può contribuire a migliorare di molto la prognosi del paziente affetto da schizofrenia. Molti studi hanno dimostrato come la presenza di un componente della famiglia con diagnosi di schizofrenia riduca notevolmente la qualità e la quantità dei rapporti sociali da parte degli altri membri familiari. Per evitare che ciò si riversi sul paziente stesso, portando a un peggioramento del disturbo e ad un ulteriore ‘esaurimento’ da parte dei familiari, sono sorti da diversi
anni dei programmi psicoeducativi per i genitori dei pazienti schizofrenici. Tali interventi hanno lo scopo principale di istruire i genitori riguardo le caratteristiche della malattia, la sua evoluzione, le possibilità terapeutiche e l’attivazione di risorse sociali per sostenere il malato. L’obiettivo è quello di ridurre l’eccessivo coinvolgimento emotivo ed il criticismo da parte dei familiari, migliorando al contempo la qualità di vita dei familiari e del paziente stesso.



 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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