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Le reazioni degli adolescenti con disabilità e dei loro genitori all’emergenza COVID-19

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

a cura di Silvia Faccioli, Maria Cristina Pesci, Unità di Riabilitazione delle Gravi Disabilità dell’Età Evolutiva, Arcispedale S.M.Nuova, AUSL IRCCS di Reggio Emilia

La pandemia da COVID-19 sta tiranneggiando le nostre vite dall’inizio del 2020, con ricadute pesanti a livello mondiale in ambito sanitario ed economico. Secondo i dati dell’OMS il 15 aprile 2020 l’Italia aveva raggiunto 162.488 casi positivi e complessivamente 21.069 decessi, collocandosi così al terzo posto nel mondo dopo USA e Spagna.

Articolo QuestionarioOperatori Unità di Riabilitazione delle Gravi Disabilità dell’Età Evolutiva, Arcispedale S.M.Nuova, AUSL IRCCS di Reggio Emilia

L’esponenziale rapida diffusione della patologia ha monopolizzato le risorse sanitarie, imponendo una drastica riduzione della disponibilità di servizi per le cure differibili. Tanto che, in Italia come negli altri Paesi europei, la maggior parte dei servizi sanitari dedicati alle patologie croniche furono sospesi. Tra questi le prestazioni legate alla riabilitazione delle disabilità dell’età evolutiva. Inoltre con il lockdown decretato dal Presidente del Consiglio nel DPCM del 9 marzo 2020, tutte le attività scolastiche in presenza, le attività ricreative e la maggior parte delle attività lavorative vennero sospese o, ove possibile, gestite in smart working da casa. Di conseguenza bambini e adolescenti furono vincolati a restare in casa per diverse settimane, salvo motivi di necessità o salute. La convivenza forzata e protratta all’interno delle mura domestiche ha messo a dura prova i genitori e i ragazzi stessi, in particolare in presenza di disabilità.

Nella letteratura scientifica nazionale e internazionale è stata richiamata l’attenzione sull’inclusività nella divulgazione di informazioni relative al COVID-19, sui rischi legati allo stress psicologico nella popolazione in generale, sulla necessità di ripensare l’organizzazione delle attività riabilitative alla luce della nuova situazione, che già allora si intuiva si sarebbe protratta a lungo.

Ma nessuno aveva indagato il punto di vista dei ragazzi con disabilità e dei loro genitori.
Con questa finalità abbiamo quindi ideato due questionari uno per i genitori ed uno per adolescenti con disabilità di età superiore/uguale a 13 anni. Non ci siamo rivolti ai bambini di età inferiore, perché abbiamo pensato non fosse opportuno chiedere loro di accedere ad un cellulare o pc per compilare in autonomia il questionario. Per rendere facilmente fruibile e più velocemente trasmissibile il questionario, abbiamo utilizzato Google Moduli. I questionari erano anonimi, per cui non è stato necessario chiedere il consenso del Comitato Etico. Il questionario per i genitori includeva 48 domande a scelta multipla, quello per i ragazzi 32 domande; entrambi prevedevano una domanda aperta finale facoltativa, nella quale venivano invitati a lasciare un commento personale. Il questionario è stato distribuito direttamente alle famiglie da parte dei professionisti o tramite associazioni di pazienti. Le domande riguardavano informazioni quali: sesso ed età, situazione logistica al domicilio (numero di conviventi e stanze); conseguenze delle restrizioni sull’attività lavorativa del genitore, eventuali difficoltà economiche; tipo di disabilità; positività al COVID-19; vissuto emotivo (specifiche domande su sintomi di ansia derivate dal questionario GAD-7); principali preoccupazioni legate alla sospensione delle attività scolastiche, riabilitative e ricreative; aspettative rispetto alla ripresa delle attività riabilitative.

Hanno partecipato al sondaggio 239 genitori (84,9% madri) perlopiù (79,5%) di età compresa tra 35 e 55 anni, e 53 adolescenti (45,3% femmine) di età variabile tra 13 e oltre i 18 anni. Circa 43% dei partecipanti viveva in famiglie di 4 componenti, nel 29% dei casi erano in tre. In entrambi i gruppi prevaleva la disabilità motoria (81-83%), in linea con la tipologia di utenza afferente al nostro Servizio di riabilitazione neuromotoria. Ma venivano riportati anche altri tipi di disabilità (es. sensoriali e comportamentali), in particolare il 48% dei genitori riferiva la presenza di disabilità cognitiva. Tale aspetto era sostanzialmente assente nel gruppo degli adolescenti, poiché in presenza di disabilità cognitiva non sarebbero stati in grado di compilare in autonomia il questionario.

Fortunatamente solo tre genitori e nessun adolescente ha contratto il COVID-19, ma la maggior parte di loro ha riferito di avere conoscenti affetti.
I genitori hanno lamentato la difficoltà di dover gestire i figli in modo continuativo durante il lockdown, in particolare in presenza di disabilità cognitiva. Tale difficoltà era peraltro esacerbata nel momento in cui dovevano supportarli nelle attività scolastiche svolte a distanza.
Il sentimento principale espresso da entrambi i gruppi è stato “preoccupazione” (81,2% dei genitori e 64,2% degli adolescenti). Secondariamente “ansia” tra i genitori (47,7%) e “tristezza” tra i ragazzi (43,3%).
In generale la convivenza, in particolare in abitazioni di piccole dimensioni, era associata ad un aumento di ansia e di conflitti tra i familiari.

I genitori, soprattutto i più anziani, hanno espresso preoccupazione di ammalarsi di COVID, mentre gli adolescenti erano preoccupati più per i propri cari che per sé stessi.
Una preoccupazione riferita dalla maggior parte dei genitori era legata al futuro dei propri figli, in particolare dei figli con disabilità, temendo un peggioramento clinico per la sospensione delle cure riabilitative. Auspicavano quindi alla fine del lockdown una rivalutazione clinica con gli specialisti di riferimento. Gli adolescenti erano invece più affranti per l’isolamento e la sospensione delle attività ricreative, che preoccupati per la sospensione della riabilitazione. Questo deve farci interrogare sulla nostra capacità come riabilitatori di coinvolgere i pazienti e motivarli nel percorso abilitativo.

La maggior parte degli adolescenti (63%) ha dichiarato di non aver riscontrato problemi legati alla propria disabilità durante il lockdown. Questo ci ha inizialmente stupite, ma può essere spiegato in più modi: immaturità e scarsa consapevolezza delle proprie difficoltà; implicita facilitazione dell’essere a casa propria e del rallentamento dei ritmi giornalieri; abituale assistenza fornita dai familiari nelle attività della vita quotidiana; minor esposizione a situazioni nuove o sfidanti… Oltre a ciò forse l’essere obbligati ad interagire attraverso strumenti digitali, anziché incontrarsi in contesti che richiedessero maggiori abilità motorie (es. passeggiata, sport), pur nella sofferenza dell’isolamento, aveva messo gli adolescenti con disabilità sullo stesso piano dei coetanei, poiché la loro difficoltà motoria risultava irrilevante o più facilmente compensabile con strumenti tecnologici comuni o specificamente adattati.

Soltanto il 18,8% dei genitori ha dichiarato difficoltà economiche, tuttavia 42,3% hanno riferito un impatto negativo del lockdown sull’attività lavorativa. Sembra, nella nostra casistica, che l’impatto peggiore sia stato nei genitori più giovani, pur non trovando una relazione statisticamente significativa tra età dei genitori ed essere dipendente o libero professionista. E’ inoltre emersa una forte correlazione tra sintomi ansiosi e difficoltà economiche o lavorative. Differentemente da altri studi noi non abbiamo rilevato differenze significative nel vissuto emotivo e nelle preoccupazioni tra madri e padri. Questo può essere attribuito all’esiguità del nostro campione.

Circa 1/3 dei partecipanti in entrambi i gruppi ha dichiarato di essere coinvolto in teleriabilitazione. Inoltre 43,1% dei genitori e 32,1% degli adolescenti aveva ricevuto telefonate o videochiamate da parte del team riabilitativo per monitorare la situazione. Ciò nonostante il 30,5% dei genitori auspicava maggior confronto con i professionisti dell’equipe riabilitativa, a fronte del solo 13,2% degli adolescenti.

Tra i desiderata dei genitori c’erano anche maggior supporto da parte della scuola e delle associazioni. Una quota relativamente importante di entrambi i gruppi (circa 1/4) ha selezionato la voce “altro”. Ciò significa che non siamo stati in grado di intercettare tutti i loro bisogni tra le opzioni elencate. Il nostro studio ha alcuni limiti legati alla casistica limitata, al fatto che il questionario era soltanto in lingua Italiana e fruibile solo con strumenti tecnologici (computer o cellulare), per cui famiglie non in grado di leggere in Italiano e impossibilitate ad accedere a strumenti tecnologici sono state inevitabilmente escluse dal campione. Inoltre occupandoci prevalentemente di problematiche neuromotorie il nostro campione aveva una netta prevalenza di disabilità motorie, pur in concomitanza con altre disabilità.

Pur considerando i suddetti limiti, alla luce dei dati rilevati possiamo trarre alcune conclusioni.
L’impatto negativo socioeconomico e psicoemotivo del COVID-19 è evidente a livello mondiale. I dati rilevati nel nostro campione non sono direttamente confrontabili, ma appaiono in linea con quanto osservato nella popolazione in generale, in particolare per quanto riguarda la correlazione forte tra difficoltà economiche e lavorative e sentimenti di ansia, esacerbati dalla fragilità aggiuntiva determinata dalla presenza di disabilità.

Il lockdown ha privato i giovani diversamente abili del loro abituale ambiente sociale. Questo è apparso particolarmente difficoltoso per i ragazzi con disabilità cognitive e/o comportamentali, nonostante gli sforzi dei professionisti sanitari e scolastici nel proporre attività a distanza. Ed ha gravato in modo importante sui loro genitori, che dovevano supportarli per la didattica e intrattenerli durante la giornata, oltre a gestire gli abituali impegni quotidiani. A questo proposito i provvedimenti adottati nella seconda fase della pandemia sono stati sicuramente ben accetti, permettendo la didattica in presenza per bambini/e e ragazzi/e certificati.

Gli adolescenti con disabilità motoria, grazie alle piattaforme online e alle tecnologie assistive, hanno risentito meno della limitazione delle loro relazioni sociali. A fronte di difficoltà aumentate nella gestione della vita quotidiana di tutti, gli adolescenti con disabilità hanno espresso, con le loro risposte, una capacità di adattamento che ci fa riflettere. Ciò che è emerso in questo momento di chiusura e distanziamento sociale, ha evidenziato i meccanismi messi in atto per resistere al senso di isolamento, sentimento che le persone con disabilità e le loro famiglie purtroppo già conoscono, dovendo misurarsi con il diritto all’inclusione da un lato e con gli ostacoli dall’altro, sempre presenti. Nonostante le difficoltà aggiuntive legate alla disabilità, in questo frangente i ragazzi diversamente abili e le loro famiglie hanno dimostrato un’ammirevole capacità di resilienza.

Si è confermato cruciale implementare l’investimento in dispositivi e strumenti di tecnologia assistiva, come piattaforme di riabilitazione ed exergaming con interazioni audiovisive, da remoto. Non solo per permettere il mantenimento di una riabilitazione e/o monitoraggio a distanza, ma anche perché questo approccio può tradursi in un aumento del coinvolgimento degli adolescenti nelle attività riabilitative e dell'empowerment. Sulla base dei nostri dati, è stato fatto uno sforzo per migliorare il monitoraggio a distanza e la teleriabilitazione, che complessivamente ha supportato il 60-70% dei partecipanti. Tuttavia, l'offerta deve essere arricchita, differenziata e, soprattutto, distribuita tra i servizi di riabilitazione in modo più uniforme.

La condizione che impedisce a tutti di incontrarsi con le modalità precedenti alla pandemia, rende ancora più importante dare voce ed ascolto agli adolescenti con disabilità e alle loro famiglie. Questo studio ci può aiutare a mantenere alta l’attenzione, come riabilitatori, nel sostenere questo specifico impatto che si aggiunge alla difficoltà che le famiglie dei ragazzi con disabilita già affrontano.

Come riabilitatori, come sanitari, come esseri umani, siamo chiamati ad ascoltare e comprendere come queste famiglie trasformino queste difficoltà, raccogliere la loro paura di essere ancora più esclusi, riconoscervi le nostre paure, per provare in una relazione empatica a “prenderci cura”, anche laddove non possiamo “guarire”. E la sensazione è che prenderci cura di loro, in qualche modo sia un prenderci cura di noi stessi, se non addirittura essere proprio da loro “curati”. Soprattutto in tempi di isolamento sociale come questi.

I dati di questo studio sono stati pubblicati su una rivista scientifica internazionale. Per eventuali approfondimenti: “How Did Italian Adolescents with Disability and Parents Deal with the COVID-19 Emergency?” Faccioli S, Lombardi F, Bellini P, Costi S, Sassi S, Pesci MC. Int. J. Environ. Res. Public Health 2021, 18,1687. https://doi.org/10.3390/ijerph18041687




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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