Anna e Marco

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a cura di Federico Mascagni, caporeddattore di Sogni&Bisogni

La storia che stiamo per raccontarvi dimostra come la Salute Mentale possa vacillare da un momento all'altro. Come si manifesti in modo improvviso devastando un rapporto sentimentale e i più importanti legami familiari. Ma soprattutto come possa portare a una profonda difficoltà di gestione delle proprie responsabilità, comprese quelle economiche e lavorative.

Tutto inizia con una storia d'amore fra due giovani, che chiameremo Marco e Anna. Lei colta, di famiglia intellettuale, è la nostra interlocutrice. Lui, di origini contadine ma con una carriera di studi che lo porta a diventare professore universitario in giovane età, è la persona con fragilità. “Ogni tanto notavo delle incertezze, dei comportamenti che non mi tornavano, ma nel complesso di una simile relazione li vedevo e li cancellavo al medesimo tempo” racconta Anna. Un disturbo cova silenzioso fin dall'infanzia attraverso piccoli segnali. Difficili da interpretare, destinati a essere derubricati con grande facilità.

Nascono due figli, l’attività di insegnamento si svolge nel pendolarismo fra due città, fra le difficoltà e le gioie del ménage quotidiano. “Nel 2005 ricevo una telefonata da Ancona: Marco era finito fuori strada, volato da un ponte perché aveva avuto un attacco di panico terribile mentre era al volante. Stava bene fisicamente, ma al telefono era totalmente sconnesso.” Da allora inizia quella che Anna definisce una alternanza di momenti migliori ed altri difficili: Marco va in terapia, inizia a prendere farmaci. O meglio: lui racconta di andare in terapia e prendere farmaci. “Io mi fido ciecamente di qualsiasi cosa dica, non faccio nessun tipo di controllo” scrive Anna. “Quanto so è quanto lui racconta, e basta. E' Marco e non mentirebbe mai, penso.” In quegli anni il fratello minore di Marco cade in una gravissima depressione che lo conduce in ospedale con la nutrizione forzata, e Anna nota nella suocera comportamenti strani e reazioni bizzarre. Il culmine sarà un tentato suicidio al quale segue un ricovero. Torna a casa e da allora non si alzerà più dal letto. Marco continua a franare fino a quando non riesce più ad insegnare, a comparire in pubblico, e l'università gli concede il primo anno sabbatico affinché si curi.

La situazione diventa fuori controllo. Trovo tasse e bollette scadute che devo risanare. Lo zio con alzheimer muore e scopriamo il disastro nella gestione dei terreni e delle proprietà che da anni aveva voluto accollarsi Marco.” Dopo poco tempo toccherà a lui ricoverarsi, perché non mangia e non beve quasi più, perdendo oltre 20 chili. In novembre Anna incontra il direttore del dipartimento universitario della città dove insegna Marco. Scopre che il sabbatico era terminato e che Marco era assente non giustificato. "Il direttore del dipartimento è una persona meravigliosa e concede a Marco un secondo anno sabbatico perché possa curarsi senza mettersi in malattia. Senza che si sappia del suo stato e possa tornare a insegnare con una serenità maggiore”.

Intanto Marco viene rimesso in sesto dalla struttura dove è ricoverato affinché possa iniziare un percorso terapeutico in autonomia. Ma ne esce reticente. “Ad oggi non so praticamente niente sul suo percorso terapeutico: cambia versione ogni volta. L'ultima è che sta prendendo i farmaci prescritti mesi fa, mai più verificati o modificati, e che va da un terapista che però non incontra da tempo.” A oggi Marco, ci racconta Anna, vegeta in casa, non si alza dal letto fino a sera, non si lava, non si taglia i capelli. Non fa praticamente niente. Dovrebbe lavorare, il secondo sabbatico è scaduto, ma Anna non ha più la forza di contattare il nuovo direttore di dipartimento e chiedere. “Sono stanca di contattare amici e parenti per chiedere loro di darci una mano. Se non lo faccio io tutto tace. Aveva ricominciato a fare lezione in febbraio: febbraio 2020. Due settimane, chiusura della didattica. Lockdown. Fine delle trasmissioni. Adesso? “

In anni Marco ha accumulato debiti, revisioni dell'automobile non fatte, assicurazioni non pagate, tasse non pagate e in università non si è più presentato per gli esami degli studenti. Moglie e figli gli hanno preparato le valigie per mandarlo dai suoi genitori, a 2 km dalla loro casa. “Perché diventiamo matti tutti, specie mia figlia diciassettenne, la cui terapista ha chiesto che il padre sia allontanato. Si era autodiagnosticato la depressione maggiore, ma la diagnosi reale non la conosciamo.”

La situazione raccontata da Anna è veramente desolante. Una sofferenza che si è diffusa da Marco a tutta la famiglia. Un malessere mentale impastato di frustrazioni, vergogna, incapacità di affrontare la situazione e conseguente impossibilità da parte dei familiari di costringere a curarsi una persona che ha il diritto di non farlo. Questa storia racconta che la situazione economica è una aggravante, un macigno che grava sui malesseri, che travolge tutti. E dove tutti hanno il diritto di sopravvivere. “La situazione economica al momento è salva” racconta Anna “perché al lavoro gli hanno concesso altro tempo e sono riuscita a vendere la casa su cui gravava un mutuo. Stavolta deve decidere se vivere, oppure no.”

Questa è una storia dove non è solo il malato protagonista, ma anche la famiglia investita dalla tragedia del disturbo mentale. Ed è sempre così. Sia che si tratti di casi gravi o, come in questa circostanza, non ci sia la volontà di farsi aiutare. E poi ci sono le cosiddette “vittime collaterali”: i figli minori. “Sono in salvo” racconta con sollievo Anna “con i soldi della casa venduta riuscirò a mantenerli fino a fine studi e qualcosa oltre”.

Ma dove c’è intelligenza non c’è rabbia. “Quella c’era quando pensavamo non fosse deragliato a tal punto: abbiamo bisogno di respirare, però. Ci siamo, ci saremo, ma ora abbiamo bisogno di riprenderci.” Perché la fragilità mentale, se non curata, può diventare una malattia infettiva che nuoce gravemente ai più cari.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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