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L'importanza educativa nella Neuropsichiatria Infantile

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

Fra le varie attività prevista questo nuovo anno, Antonella Misuraca, presidente dell’Associazione Genitori Ragazzi Down- Bologna segnala una serie di incontri appena avviati dal titolo “Essere parte di una famiglia”.

Parte dei progetti P.R.I.S.M.A. finanziati dal Dipartimento di Salute Mentale-Dipendenze Patologiche dell’AUSL di Bologna, “Essere parte di una famiglia” si occupa delle dinamiche legate all’essere una famiglia, ai vari ruoli che ruotano attorno a essa e a tutte le problematiche che un nucleo familiare può incontrare nel suo cammino di vita.

E’ un progetto nato per condividere con le famiglie le problematiche legate alle nuove dinamiche che si creano all’interno del nucleo familiare quando viene diagnosticata una disabilità o quando nasce un bimbo con una deviazione cromosomica.Fin da piccoli è necessario che i genitori già sognino il giovane adulto, indipendente, perché educato ad essere autonomo quanto più possibile , se questa visione manca spesso si fanno involontarie concessioni che nel tempo lo renderanno meno autonomo.

È un progetto per bambini” ricorda Antonella, perché nell’infanzia le “relazioni con i parenti sono in fase di costruzione. I progetti per i “cuccioli” (così l’associazione GRD Bologna definisce bambine e bambini in età prepuberale) sono nati con gli incontri per l’alimentazione, la logopedia, dove ci siamo accorti che c’è una necessità di richiesta d’aiuto in modo diretto.” Da queste richieste nasce una risposta che si potrebbe dire “unitaria”, nel senso che riflette sui principi educativi che i genitori di figli Down sarebbe bene assumessero per una crescita che abbia come obiettivo l’indipendenza dell’individuo.

Antonella, madre e volontaria, in anni di osservazione diretta e indiretta delle dinamiche all’interno delle famiglie con bambini con affetti da sindrome di Down, ha avuto modo di rendersi conto di quanto sia importante il contesto familiare soprattutto nell’accompagnamento del figlio verso una maggiore emancipazione e autodeterminazioni, che sono obiettivi a cui tendere non solo per la crescita e la maturazione della personalità dell’individuo, ma anche in una prospettiva del “dopo di noi” genitoriale e parentale, auspicando di raggiungere l’indipendenza per chi è portatore di questa sindrome.

Fra i comportamenti genitoriali sicuramente affettuosi ma inadeguati Antonella ce ne indica alcuni. “La frase più comune che si sente pronunciare è "poverino, non può, non riesce".Questi sono approcci assistenziali e giustificativi di ogni tipo di comportamento indipendentemente dalla reale necessità di aiuto. La figlia o il figlio potrebbero percepire che tutto gli è concesso, rischiando di diventare coloro che chiedono continuamente di essere serviti e diventare senza volerlo poco simpatici agli altri, chiedendosi poi il perché. Si sono creati atteggiamenti disfunzionali che creano frustarzione, crollo di autostima, isolamento .”

Bisogna avere il coraggio come genitori di farsi guidare da professionisti esperti come gli psicologi. “I nostri figli domani devono vivere nella società. Non deve verificarsi il “faccio quello che voglio io, sono gli altri che non mi capiscono e non esco. L’indulgenza dei genitori verso questi atteggiamenti filiali provoca un crollo dell’autostima, chiusura e isolamento.”

Anche gli altri componenti della famiglia possono entrare in conflitto per divergenze sui metodi educativi, i fratelli possono manifestare disagio e rifiuto della situazione perché si sentono esclusi dal menage familiare e dalle attenzioni dei genitori. “L’atteggiamento corretto sarebbe spingere la famiglia a considerare la disabilità alla stregua di una caratteristica dell’individuo. Pretendere che il ragazzo tiri fuori il massimo. I figli hanno diritto di vivere una vita piena, un sogno positivo. Dobbiamo aiutarli a creare questa vita piena. Per inserirsi i nostri figli devono provare ad essere socievoli, piacevoli, perché sereni.” Un impegno necessario non solo per integrarsi ma anche per evitare ogni tipo di stigma.

Ecco allora alcune considerazioni e consigli che provengono dalle riflessioni di Antonella Misuraca. “I fratelli devono avere tutti lo stesso spazio affettivo e di considerazione presso i genitori. Quando la figlia o il figlio con sindrome di Down avrà il suo giro di conoscenze bisogna lasciarlo autonomo, fargli frequentare gli amici con fiducia. Il contatto diretto con la comunità può portare ad avere un ingresso nel mondo del lavoro, a un progetto di vita completo e soddisfacente fatto di convivenze abitative, legami affettivi e sentimentali, che siano impostati sulla capacità di reggere e gestire le relazioni.”

Il tema della condivisione abitativa è particolarmente importante e attuale. “Nei casi di abitazioni di proprietà sarebbe consigliabile porsi verso l’idea di fare condividere la casa. Si può trovare un “trust” fra coinquilini consapevoli di dovere vivere in una condizione di collaborazione e supporto.

Maggiori spunti di riflessione informazioni e consigli più dettagliati potranno essere discussi partecipando direttamente ai prossimi incontri, che si terranno l’8 febbraio, il 7 marzo e il 18 aprile dalle ore 10 alle 12 presso la casa Arcolbaleno in via Nazionale 58 a Cartiera di Sesto - Pianoro, con la presenza della dott.ssa Giovanna Costanza, e uno spazio dedicato per i bambini che saranno intrattenuti da operatrici esperte. La presenza va prenotata scrivendo ad antonella.misuraca@gmail.com   Il costo a famiglia è di 15 euro a incontro.




 

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di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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