Storia di Antonio

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a cura di Federico Mascagni

Fra le persone che talvolta si possono incontrare al Dipartimento di Salute Mentale di Bologna Antonio potrebbe passare tranquillamente per un familiare di un malato. E invece il malato è lui, o forse è meglio dire lo era. Intendiamoci, Antonio è una persona equilibrata, pacata, riflessiva. Si può dire che è fuori dalla “fase critica” della malattia. A vederlo ora non si direbbe assolutamente che questo signore dagli occhi attenti e pungenti come spilli abbia avuto un passato fatto di grandi sofferenze.


A chi non è abituato a relazionarsi direttamente con la malattia mentale è bene ricordare sempre la forma che può assumere la sofferenza. Misteriosa, persistente. Ingannevole e imprevedibile. Una depressione fortissima vuole dire che non ti non alzi dal letto, non apri le finestre.” La sera si diradava un po', offriva un attimo di respiro ad Antonio. Che viveva a mezza giornata. Mi davano qualche antidepressivo, ma poca roba. Pensavo che gli psichiatri avessero sbagliato diagnosi perché desideravo suicidarmi.”

1993. Ad Antonio viene diagnosticato un disturbo di personalità di tipo paranoide. Nel caso di Antonio si trattava della classica diffidenza nei confronti degli altri, manie di persecuzione e timore di complotti orditi contro di lui. Si potrebbe dire che la fortuna di Antonio, rispetto a chi da “normale” vive nel quotidiano queste angosce, è che amici, colleghi e familiari oltre a rendersi conto di quanto gli stava accadendo si sono presi cura di lui. Alcune delle persone con cui lavoravo si erano preoccupate per certi miei comportamenti e si sono rivolti a un Centro di Salute Mentale, dove poi mi hanno fatto la diagnosi. All'inizio non credevo di soffrire di questa malattia, anche se mi accorgevo che c'era qualcosa che non andava. Pensavo a una crisi esistenziale, spirituale. Mi sembrava di essere fuori posto, mi ero convinto di avere scelto il lavoro sbagliato. Insomma, mi sentivo inadeguato. Avevo persino pensato di iscrivermi in qualche facoltà di tipo umanistico.”

Foto laboratorioIn realtà Antonio, allora trentaseienne, una laurea ce l'ha già. E' un ingegnere elettronico. Non solo. E' un ricercatore scientifico nel campo delle telecomunicazioni per una fondazione alle dipendenze di un ministero. “La mia tesi di laurea era sulla fusione nucleare. Come borsista mi occupavo di studiare le microonde con lo scopo di scaldare il plasma dei reattori nucleari. Antonio sembra destinato a dedicarsi alle ricerche del futuro. Come dipendente di un istituto nazionale si occupa di migliorare i requisiti di un oggetto allora poco diffuso, chiamato comunemente “telefonino”.

Ma le fragilità latenti prima o poi si manifestano. E spesso sono gli stress a scatenarle. Troppe pressioni ricevute, oppure troppe energie spese. Antonio pensa che le fasi acute delle crisi vadano gestite dai medici con delicatezza: “Dopo bisogna parlarne, approfondire. Ma nella fase di crisi può anche essere controproducente.” L'inizio della terapia farmacologica è sempre di grande impatto, e anche per Antonio gli effetti collaterali sono molto pesanti. In televisione vede lo psichiatra Giovanni Cassano, di cui aveva letto un libro. E' la fase in cui il malato consapevole si informa e tenta tutte le vie ragionevoli per guarire. In quel periodo in cui stavo meglio parlando coi miei ho deciso di farmi visitare da Cassano. Mio zio era professore di Agraria all'Università di Pisa e ha provveduto a fissare un appuntamento con il celebre psichiatra.” Cassano gli cambia completamente la cura farmacologica e nel giro di tre settimane la depressione scompare. Come in ogni mestiere ci sono professionisti più bravi e meno bravi. Ma la psichiatria è un campo ancora oscuro, e seppure abbia avuto un notevole sollievo, i miei problemi psichici non erano ancora risolti. Ci sono voluti anni perché mi stabilizzassi bene.

La depressione non è solo uno stato di prostrazione fisica e mentale. Può manifestarsi anche come una costante tensione angosciosa. Leggere un libro, guardare la televisione, erano diventate cose insopportabili, spaventose. Con la nuova terapia mi accorgevo che riuscivo passo passo a fare cose nuove.” In Antonio permane il terrore di avere delle ricadute. Ma anche questo può affievolirsi col tempo. Intanto il periodo duro prosegue. Mi ero licenziato dal lavoro e da quel momento sono diventato un paziente psichiatrico. Prima di farlo uno dei coordinatori delle ricerche mi aveva suggerito di prendere un anno sabbatico. Ma ero troppo angosciato. Un anno non sarebbe stato sufficiente.

Da quel momento sono diventato un paziente psichiatrico, ripete Antonio. Ora ha 61 anni. Essere uscito dal mondo del lavoro, per un amante della ricerca come lui, è stato un duroDisperazione stress colpo. Mi dispiace non avere una posizione nella società. Prima di abbandonare definitivamente l'idea ho provato con contratti di collaborazione continuativa, che a quel tempo non erano la normalità. Ma niente da fare.” Questa emarginazione dovuta alla necessità di ritmi diversi, a tempi dilatati grazie ai quali potere affrontare serenamente le responsabilità ha pesato anche nei rapporti con gli altri. Non ci si sente esclusi: lo si diventa. Questa è stata la mia vita da un certo punto in poi, è inutile recriminare. Considerando che nel periodo critico sono stato molto male ora posso accettarla senza grandi problemi. Sperando di restare stabile.”

Antonio scriveva articoli, pubblicava ricerche. Ora è un signore al quale se si accumulano troppi impegni, anche burocratici e quotidiani, comincia a trovarsi in difficoltà. Ma ha scoperto di essere partecipe dei problemi altrui e di capirne la sofferenza. Ha scoperto l'empatia. Mi ha molto aiutato impegnarmi nelle attività associative. Il mondo del non profit è lo specchio di quello del profitto, con pari dignità e pari importanza. Un contesto dove nessuno ti fa fretta o pressione. E ti assicuro che è un ambito dove si lavora e si produce tantissimo. Dove quando ottieni dei risultati ti senti molto soddisfatto.” Superati la vergogna di non vivere in modo conforme e la paura della stigmatizzazione, può nascere una seconda vita. La sensibilità si è liberata completamente, il giudizio è alle spalle. Si riparte consapevoli, alla continua ricerca dell'equilibrio.



 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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