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Mi prendo a casa un paziente: lo Iesa

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

A cura di Psicoradio

“Faccio parte del progetto IESA dal settembre del 2013.  Sono ospite del signor Umberto Guberti a San Giovanni in Persiceto, ma io sono di Crevalcore. Con Umberto ci troviamo a pranzo, a cena e anche per la colazione. Per il resto vivo la mia giornata liberamente, esco con la macchina, vado nel mio paese oppure a casa mia o in campagna. Nel rapporto con Umberto ho trovato tranquillità e serenità. Adesso sono pronto ad andare a vivere da solo, supportato sempre dal mio psicologo, e sto cercando un appartamento a San Giovanni o a Crevalcore.”

Nerio è uno dei pazienti psichiatrici che ha aderito al progetto IESA - inserimento etero familiare supportato di adulti - attivato dal Dipartimento di Salute Mentale di Bologna.  Lo IESA è una specie di “affido” temporaneo, per cui una persona con disagio psichico viene accolta in una famiglia, che riceve dall’AUSL un piccolo contributo alle spese quotidiane, in modo da poter provvedere anche ai bisogni dei pazienti ospitati. Per famiglia si intende non soltanto la famiglia classica tradizionale, ma qualsiasi persona che sia disposta a condividere del proprio tempo con una persona in difficoltà.

Lo IESA può essere part-time o full-time. Con il full- time l'ospite viene accolto in casa della persona per tutte le 24 ore, ha una sua camera singola e condivide gli spazi di casa e la vita della famiglia in cui viene ospitato; si tratta, insomma, di una vera e propria convivenza. Il part - time prevede un’accoglienza diversa, che serve soprattutto ad attività di socializzazione. Per esempio, può aiutare utenti che hanno una casa propria, ma che fanno fatica a viverla; oppure persone che trovano difficoltà ad uscire, ad andare a fare la spesa, o che soffrono di solitudine. In questo caso, l’“ospitante” può fare attività pomeridiane per due o tre giorni alla settimana, per esempio accompagnare l’utente al cinema o andare insieme a fare una passeggiata al parco. Nella realtà bolognese lo IESA è rivolto a persone che soffrono di un disagio psichico, ma ci possono essere anche altri tipi di utenza.

Si tratta di un progetto molto innovativo, utile per i pazienti e spesso anche per chi li ospita. Gli utenti psichiatrici fanno un percorso di riabilitazione, sono guidati verso una maggiore autonomia, e da parte di chi li ospita contribuire a questo percorso può essere fonte di grande soddisfazione.

“Partecipare al progetto IESA ha aumentato anche la mia autostima.” riconosce Monia, un’ospitante part-time “Ho scoperto lati di me che non pensavo di avere. E sono diventata l’eroina di Giovanna, per un piccolo episodio successo in casa sua. Facciamo insieme piccoli gesti quotidiani, che a volte per lei possono essere faticosi”.

La convivenza è regolata da un contratto stipulato tra la famiglia che ospita, l’azienda USL e il paziente; può avere una durata varabile che viene stabilita in base alle esigenze della famiglia e delle persone ospitate. Lo IESA è considerato una valida alternativa ad altre soluzioni abitative offerte ai pazienti psichiatrici, come la comunità o i gruppi–appartamento; e permette un risparmio economico che va dal 50% al 70% rispetto ai costi di inserimento nelle strutture residenziali.

Le famiglie ospitanti, oltre a ricevere un rimborso economico, sono supportate da un’equipe multi professionale formata da medici infermiere e operatori, che supervisionano la convivenza, programmando degli incontri sia all’interno della sede dell’AUSL sia direttamente presso l’abitazione; inoltre una reperibilità telefonica 24 ore su 24 garantisce un intervento immediato in caso di urgenza.

Lo IESA è un progetto nato in Belgio; poi si è diffuso in molti altri paesi tra cui Francia, Germania, Canada e Giappone. In Italia è iniziato a Torino circa 20 anni fa, per poi prendere piede anche in altre città. A Bologna, in circa 6 anni di attività sono stata contattate 1838 famiglie, e alla fine del 2014 quelle già abilitate ad ospitare erano più di 100, mentre gli utenti dei servizi di salute mentale pronti per la convivenza più di 60.

Psicoradio ha intervistato Carlo Zandi, infermiere, e Carolina Conti, psicologa entrambi operatori dello IESA (inserimento etero familiare supportato di adulti) per approfondire alcune caratteristiche di questo progetto.

Con quali sono criteri vengono scelte le persone ospitate e quelle ospitanti?
Per gli ospiti, sono esclusi i pazienti che mostrano aggressività auto ed etero diretta, che sono in fase acuta di malattia, che hanno un basso controllo degli impulsi e che fanno uso di sostanze. Questi criteri riguardano sia il part time che il full time. Mentre per le famiglie ospitanti un criterio importantissimo è il reddito: devono avere un reddito ed essere autonome. Devono avere una stanza singola decorosa per l'ospite, e tempo a disposizione da poter dedicare non solo alle faccende di casa, ma anche alla persone che sarà ospitata. Possono essere anche dei single che hanno la voglia e la possibilità di iniziare questo percorso, e valgono anche per loro questi stessi criteri: per esempio non è che la persona single lascia la sua camera all’ospite e va a dormire sul divano in soggiorno, non funziona così, ognuno deve avere i propri spazi.
Il paziente, invece, dovrà esser disposto a condividere tutti gli spazi di socializzazione e di vita della famiglia in cui viene ospitato, ma se non dovesse trovarsi bene può lasciare la casa in qualsiasi momento.

E ci sono criteri per mettere assieme ospitante – ospite?
Il percorso di conoscenza parte con un colloquio conoscitivo per entrambi. Poi in altri incontri e con un colloquio semi – strutturato si indagano le abitudini giornaliere, gli orari di lavoro, la situazione economica ecc…  Questo ci permette di avere tutti quegli elementi necessari per poter fare l'abbinamento. Un esempio banale: se un ospite fuma e la famiglia assolutamente non sopporta il fumo difficilmente verranno abbinati insieme.
E’ necessaria una disponibilità alla condivisione e alla tolleranza reciproca; voglio raccontare la storia di Umberto e Nerio, che convivono da parecchio tempo. All'inizio Umberto, che è una persona piena di interessi, pieno di impegni, andava a vedere le partite al bar e invitava sempre Nerio, che invece alla sera preferiva stare a casa e rilassarsi. Era quindi sempre combattuto se accettare o meno l’invito. Così durante una verifica domiciliare ci siamo seduti intorno ad un tavolo e ognuno ha spiegato il suo punto di vista: parlandone, abbiamo risolto il problema. E’ una cosa normale avere degli interessi diversi.

Il progetto IESA ha una durata prestabilita?
No, lo IESA è un progetto di cura individuale rivolto a tutti gli utenti in carico alla psichiatria adulti. Alcuni ospiti sono un po' anziani, quindi non hanno come progetto futuro una casa propria, non riusciranno a mantenersi autonomamente e stare da soli; altri ospiti, invece, sono più giovani; per loro l'equipe ha anche altri progetti futuri e quindi lo IESA si prospetta come un periodo di passaggio. La media può essere 2 anni per il full time, mentre per il part - time non c'è un termine.

Qual è, dal vostro punto di vista, una storia a lieto fine?
Il lieto fine il più delle volte è quando un ospite, che esce dalla convivenza in famiglia, prende in affitto una casa insieme ad un amico; oppure quando un paziente e la famiglia che lo ospitava vanno in vacanza insieme.

Monia invece è un ospitante part time. In realtà, il termine ospitante non è proprio esatto. “Mi vedo con Giovanna da circa 2 anni e mezzo e ci incontriamo 3 o 4 volte a settimana. Vado a casa di Giovanna, usciamo sia durante la settimana che nel week end, però lei non è mai venuta a casa mia. Insieme agli operatori abbiamo valutato che la sua necessità era di tornare nella sua casa, perché era stata per tanti anni in gruppo appartamento e ogni volta che entrava in casa provava ansia, angoscia e voleva subito uscire. Aveva bisogno di abituarsi di nuovo a casa sua, così l’abbiamo arredata, pulita da cima a fondo, abbiamo cucinato insieme, insomma ho aiutato Giovanna a riprendere possesso del suo appartamento.

Avevo sempre avuto voglia di fare del volontariato nella mia vita, ma non l'avevo mai messo in pratica. Io e Giovanna ci siamo conosciute un po’alla volta, ma adesso la nostra amicizia sta andando benissimo. Non c’è una giornata tipo, si va molto a periodi: se Giovanna è in vena guardiamo cosa c'è in giro per Bologna, andiamo a qualche spettacolo assieme, a qualche concerto o al cinema. In altri periodi, invece, siamo più pantofolaie quindi rimaniamo vicino a casa, facciamo la spesa o andiamo a prenderci un caffè, e a chiacchierare.”



 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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