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A Bologna ha aperto un Centro per i disturbi in età evolutiva: finora accolti 29 adolescenti

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Laura Pasotti, redattrice di Sogni&Bisogni

A inizio aprile è stato inaugurato a Bologna, in via dell'Osservanza 23, un centro diurno per i disturbi in età evolutiva. Finanziato grazie a fondi ministeriali, il centro può accogliere ogni giorno fino a 12 adolescenti, per un periodo massimo di 6 mesi o un anno. L'obiettivo? “Essere tempestivi ed evitare l'ospedalizzazione o comunque ridurre i tempi di ricovero”, ha detto a Sogni&Bisogni Simona Chiodo, direttrice della Uoc di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Ausl di Bologna. Al momento il centro accoglie 29 giovanissimi, di età compresa tra gli 11 e i 17 anni.

 

In Emilia-Romagna nel 2023 sono stati più di 64 mila i minori assistiti dai servizi di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, il 4,2% in più rispetto al 2021. Si tratta in gran parte di maschi, tra i 6 e i 13 anni. Le diagnosi prevalenti riguardano i disturbi psicologici a esordio nell'infanzia, come quelli del linguaggio o dell'apprendimento, i disturbi psico-comportamentali, quelli dello spettro autistico e il ritardo mentale (dati regionali).

I fondi del ministero della Salute sono stati destinati alle Regioni per potenziare i Dipartimenti di salute mentale e, alla luce dei dati di incremento dell'incidenza della psicopatologia tra gli adolescenti, una quota è stata destinata ai progetti rivolti a loro. “A Bologna sono state scelte tre azioni – continua Chiodo – : la formazione per gli operatori della Npia, un aggiornamento dei testi a disposizione dei servizi e l'apertura del centro diurno. Un posto bellissimo e immerso nel verde, perché anche la bellezza è importante per la cura”.

Il centro diurno di via dell'Osservanza è aperto dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18 e vede la collaborazione, in maniera sperimentale, di colleghi di due diverse unità operative, quella che riceve da tutti i servizi territoriali dell'area metropolitana, e quella d'urgenza con sede all'Ospedale Maggiore. La caratteristica di questo servizio, così come quella della Npia, è il lavoro multidisciplinare di équipe: oltre ai medici dei due servizi (che si alternano), nel centro sono presenti 6 educatori (fissi nell'arco delle 12 ore), a cui se ne aggiungono 2 o 3 che fanno interventi individuali, un assistente sociale (per 18 ore alla settimana), un operatore dell'Individual placement and support (Ips – il servizio di orientamento al lavoro per le persone seguite dai servizi di salute mentale) e un infermiere (con un ambulatorio per eventuali visite, somministrare terapie o intervenire in caso di urgenze). “L'educatore è la figura di riferimento, ma è importante avere sguardi e contributi diversi perché gli adolescenti possano disporre di tutti questi interventi”, ha detto Stefano Costa, direttore della Psichiatria e Psicoterapia dell'età evolutiva dell'Ausl di Bologna.

L'approccio del servizio è quello della stepped care. È sempre Stefano Costa a spiegarlo: “Avere un'équipe mista di cui fanno parte anche i colleghi del territorio fa sì che lo stesso medico che vede una persona qui, poi possa seguirla anche nei servizi territoriali, dove ci sono anche gruppi di sostegno per i genitori, e avviare altre possibilità di intervento, ad esempio trasferendola in gruppi con minore intensità educativa. L'assistente sociale poi può contribuire a trovare risorse non sanitarie sul territorio, ad esempio avviando percorsi con il Terzo settore o negli interventi educativi del Comune. L'operatore dell'Ips è un'altra risorsa interessante per i giovani che sono qui”.

Ogni giorno possono essere 12 gli adolescenti che frequentano il centro, di cui 8 in gruppo (il numero massimo stabilito dai criteri di accreditamento regionale) e gli altri in interventi individuali. Nell'arco della settimana viene fatta una calendarizzazione delle presenze, ma. ha spiegato Costa, “è raro che un adolescente venga tutti i giorni”. A inizio giugno sono 29 quelli che frequentano gli spazi di via dell'Osservanza, di cui 7 individuali e 22 in gruppo. “Ogni settimana nella riunione di équipe presentiamo i nuovi casi e cerchiamo di capire se, in base alle caratteristiche comportamentali e sintomatologiche, sono compatibili con il gruppo già presente o sono necessari interventi individuali, come nel caso di adolescenti in uscita da un ricovero. In questi casi si inizia un percorso individuale con un educatore dedicato e poi pian piano li si accompagna nel gruppo”.

Ma chi sono i giovani che frequentano il centro di via dell'Osservanza? È Simona Chiodo a raccontarlo, sottolineando che il servizio non tratta una singola patologia ma, in generale, la psicopatologia: “Sono adolescenti che hanno sperimentato un blocco nel percorso evolutivo, che non riescono più ad andare a scuola o che ci vanno saltuariamente, che sono isolati, che hanno agito gesti autolesivi, che hanno crisi di ansia o di panico che li portano a chiudersi in se stessi – ha spiegato – Sono giovani con sintomatologie complesse e il nostro obiettivo è intervenire rapidamente, non avere lunghi tempi di attesa e lavorare in continuità in un percorso di cura”.

Dopo aver scelto il gruppo e il giorno della settimana più adatta per ognuno (mattina, pomeriggio, tutto il giorno o più giorni), l'équipe definisce il progetto con obiettivi condivisi dai clinici, dagli educatori e dall'adolescente stesso. “Andiamo in quella direzione, insieme”, spiega Laura Zavatta, una delle educatrici che lavora in via dell'Osservanza.
Ma cosa fanno i ragazzi che frequentano il centro? Le attività sono diverse, c'è la stanza del gaming, si fanno attività creative, ma anche uscite sul territorio. “Le prime settimane sono state utilizzate per arredare gli spazi, che erano vuoti, e lo abbiamo fatto insieme ai ragazzi – continua Zavatta – Abbiamo fatto una lista di cose da acquistare, abbiamo deciso insieme come sistemare le stanze e come organizzare gli spazi”.
Le attività vengono decise giorno per giorno insieme e i giorni possono essere molto diversi l'uno dall'altro. “Dipende da come stanno i ragazzi, dalle necessità che ci sono – ha spiegato l'educatrice – magari c'è qualcuno che ha bisogno di uno spazio individuale oppure si va tutti insieme in centro a mangiare il gelato. Ci sono stati giorni di crisi e feste di compleanno molto belle”.

C'è chi arriva alle 9 del mattino e chi al pomeriggio. La scuola è un riferimento costante, c'è chi ci va e chi non ci riesce o non ci va tutti i giorni. Nello spazio educativo si parla della quotidianità, c'è chi fa i compiti, chi studia. Il clima è accogliente e a pranzo si mangia tutti insieme, medici compresi. “Così imparano a vederci in una situazione normale, quotidiana, in cui si scherza e ci si può anche prendere in giro – continua Costa – Una delle paure più grandi dei ragazzi è, infatti, quella di essere giudicati dagli altri. Sapere che ci si può prendere in giro, senza ferirsi, ma con affetto, è importante”.

Il gruppo è un campo di lavoro per gli adolescenti che frequentano il centro, ma è anche una risorsa. “Questi sono ragazzi che faticano a stare insieme agli altri e il gruppo li mette di fronte a fatiche e bisogni educativi, e noi siamo lì per guidarli – ha detto Zavatta – ma il gruppo è anche di grande aiuto: abbiamo visto che situazioni di crisi individuale sono state gestite insieme agli altri. Il bisogno viene espresso a noi educatori ma viene anche portato nel gruppo per chiedere come si sono comportati gli altri di fronte a una situazione specifica. È molto bello”.
Zavatta ha raccontato a Sogni&Bisogni che alcuni ragazzi hanno detto che quello spazio li fa sentire bene, li fa sentire sani: “Certo, le difficoltà ci sono, ma noi cerchiamo di tirar fuori le loro potenzialità, ciò che sanno fare e ciò che gli piace. Ci sono stati giorni in cui uno di loro ha portato una sua abilità e l'ha insegnata agli altri. È successo con i videogiochi o con il lettering. Qui le individualità trovano una bella situazione in cui esprimersi”.

All'ingresso nel centro i ragazzi firmano un “contrattino”, come lo ha chiamato Stefano Costa, in cui c'è scritto che il percorso che faranno in via dell'Osservanza è a tempo, 6 mesi o un anno. Lì c'è anche scritto che devono comportarsi bene, non devono fare male agli altri, non devono rompere le cose e seguire il percorso insieme agli educatori. È un patto di co-costruzione del percorso individuale che prevede anche la loro responsabilità. La stessa cosa viene fatta firmare ai genitori, insieme ai permessi per poter uscire, per poter venire al centro o tornare a casa da soli.

Frequentando il centro poi questi giovani crescono e pian piano si avvicinano ai 18 anni, alla maggiore età. E qui c'è un altro aspetto della stepped care e cioè il passaggio graduale alla psichiatria adulti: un passaggio che viene costruito con i ragazzi, con la famiglia (“sempre coinvolta”, ha sottolineato Chiodo), con gli educatori e i medici e con un piccolo budget di salute costruito per i giovanissimi e per i giovani adulti che permette di attivare percorsi esterni nel Terzo settore. “Da un lato, questi ragazzi stanno malissimo e rischiano di interrompere i loro percorsi di vita e di porre fine alla loro stessa vita, dall'altro hanno grandi potenzialità. La sfida è quella di riuscire a rimetterli in pista il più rapidamente possibile”, ha concluso Stefano Costa.

Le foto dell'articolo e della Gallery sono di Paolo Righi




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

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...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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