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Una mattina al cinema per parlare di disturbi del comportamento alimentare

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Chiara Ghelfi, redattrice di Sogni&Bisogni

La redazione di Sogni e Bisogni ha partecipato a “Intelligenza Alimentare”, l'incontro organizzato dall'associazione Bimbo Tu che si è tenuto il 15 maggio al Cinema Modernissimo di Bologna sul tema dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione. “È stato il primo di una serie di eventi che organizzeremo come associazioni per capire come viene percepito dall'opinione pubblica il tema dei disturbi dell'alimentazione e della nutrizione di cui noi ci occupiamo da tre anni e che, sul territorio, sono sempre più frequenti”, ha detto Cora Querzé, direttrice generale di Bimbo Tu.

intelligenza alimentare

La proiezione di “Maledimiele”

La giornata è iniziata con la proiezione di “Maledimiele”, il film di Marco Pozzi che racconta la storia di Sara, una ragazza che soffre di disturbi del comportamento alimentare (Dca).
Il film è di qualche anno fa, ma è ancora molto attuale. I disturbi dell'alimentazione e della nutrizione colpiscono soprattutto bambini e adolescenti, anche se possono svilupparsi anche in età adulta, e sono la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, per la fascia di età 10-17 anni. Si stima che in Italia un adolescente su 10 soffra di Dca.
“Da un po' di tempo volevo raccontare gli adolescenti, poi ho incontrato Paola Rota, sceneggiatrice che stava lavorando a un progetto sui siti Internet e sui blog pro-anoressia e pro-bulimia, e abbiamo iniziato a lavorarci insieme – ha raccontato Pozzi – Ci sono voluti quasi 10 mesi, durante i quali abbiamo frequentato quei siti, dove vengono pubblicate immagini sconvolgenti di ragazze magrissime, immagini devastanti nella loro potenza visiva, e dove gli utenti hanno nomi che fanno riferimento a un peso ideale di 38 chili, e anche i centri in cui chi ha questi disturbi viene curato. E mi sono chiesto come avrei potuto portare tutto questo dentro a un film senza essere pedissequo”.
Il film è costruito con tempi molto dilatati, molto lenti, una scelta quella di Pozzi per prendere lo spettatore per mano e portarlo dentro la mente della protagonista. Il finale, invece, è aperto. “Non so qual è il futuro di Sara, non so qual è il futuro delle tante Sare che vivono questa condizione di disagio. L'immagine che associo a queste patologie è quella di un kamikaze che rifiuta la società del benessere, arma il suo malessere e si fa esplodere”, ha spiegato il regista.

La storia di Claudia, ex paziente
“Io potrei rappresentare uno dei possibili futuri di Sara, la protagonista del film”, ha detto Claudia, ex paziente, che ha condiviso con il pubblico del Modernissimo, la sua esperienza. “Ho iniziato a manifestare i primi disturbi a 15 anni, ero un'adolescente triste, tristezza che poi è sfociata in depressione – ha raccontato – Oggi ringrazio i miei genitori che hanno accolto la mia richiesta di poter parlare con qualcuno, con una professionista”.
Nel giro di poco tempo, Claudia si è ritrovata nello studio di una psichiatra dal quale inizia il suo percorso: “I miei genitori era più spaventati di me, non conoscevano il mio disturbo perché era una cosa mia, ne ero gelosa”.
Il disagio di Claudia non nasceva dall'aspetto fisico o da un ideale di bellezza da raggiungere: “Ero tormentata, non capivo che cosa mi stesse succedendo, perché a 15 anni non hai gli strumenti per capire da dove arriva quel senso di inadeguatezza viscerale, a 15 anni vorresti solo scomparire, diventare trasparente, ed è quello che io ho provato a fare”.
Smettere di mangiare e diventare invisibile per Claudia era un modo per nascondersi. “Andava tutto male, nessuno mi capiva, non c'erano parole, e il mio corpo è diventato il mio mezzo di comunicazione, di sfogo, di liberazione e di controllo”.
Il controllo dava a Claudia un'incredibile forza, anche se è arrivata a pesare 40 chili. “Intorno a me nessuno faceva domande, nessuno mi ha mai chiesto niente, io stessa non volevo che gli altri sapessero. Alternavo periodi di bulimia feroce ad altri di restrizione totale. Un giorno dopo la scuola sono svenuta e mi hanno portato al pronto soccorso dove un infermiere mi ha detto di non saltare mai la colazione, che è il pasto più importante”.
Da quel momento, per Claudia la colazione è diventato il momento più atteso della giornata, tanto da diventare un comportamento ossessivo: tutto doveva essere pronto dalla sera prima, la moka preparata, la tovaglietta posizionata in un certo modo, e se qualcosa andava storto, la giornata sarebbe sfociata in un disastro.
“A un certo punto volevo dissolvermi nell'aria e una sera ho provato a farlo. Mi sono fermata solo pensando al dolore che avrei provocato. Era la Vigilia di Natale del 2007. È stato in quel momento che ho deciso di chiedere aiuto, che ho trovato il coraggio di parlare. È stato il passo che mi ha portato alla guarigione, perché ho scelto io di chiedere aiuto, di guarire”.

Quanti tipi di Sara ci sono?
Dopo la pandemia da Covid 19, è stato registrato un incremento nelle diagnosi di disturbi del comportamento alimentare, ha raccontato Antonia Parmeggiani, neuropsichiatra infantile, docente dell'Università di Bologna e direttrice del Centro regionale per i disturbi della nutrizione e dell'alimentazione in età evolutiva che ha sede al Sant'Orsola: “L'insorgenza è sempre più precoce, anche prima dello sviluppo, soprattutto per l'anoressia nervosa, e c'è un incremento della patologia nei maschi”.
Ma anche se i Dca sono una delle principali cause di morte tra gli adolescenti occidentali, non si fanno campagne di prevenzione, “come invece accade con la droga, l'alcol o gli incidenti stradali”, ha detto Marco Pozzi.
Per Parmeggiani il motivo è legato al fatto che si tratta di “patologie difficilissime, che mettono in campo tanti professionisti, con percorsi lunghi. La rappresentazione mediatica non è semplice”.
Anche per Roberta Toschi, presidente della Commissione consiliare su Salute, Welfare, Politiche per le famiglie, la comunità e le fragilità del Comune di Bologna, si tratta di un tema difficile da affrontare a livello mediatico: “È un tema che si porta dietro la vergogna di chi non ha capito e nel momento in cui si capisce rimane la difficoltà di avvicinarsi, perché il dolore è difficile da manovrare. Ma è un problema che riguarda tutta la comunità e da cui nessuno si può chiamare fuori”.
Quali sono i segnali da non trascurare? “La chiusura, il rifiuto di mangiare in pubblico, cambiare modalità di alimentazione, l'iperattività, il silenzio – ha detto Parmeggiani - e bisogna stare molto attenti anche a quali sono abitudini alimentari della famiglia. Non dimentichiamo poi che ci si può ammalare anche da adulti”.
La rete sociale della persona, a partire dalla famiglia, ha un ruolo fondamentale. “I genitori devono imparare a fare i genitori, di essere autorevoli ma non autoritari. Devono sapere dare dei limiti, ma soprattutto essere presenti, ascoltare, essere vicini, parlare”, ha spiegato Parmeggiani.

Il progetto Riguardati
Al Modernissimo è stato presentato “Riguardati”, un progetto sviluppato dal Centro regionale per i Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione in età evolutiva dell'Irccs - Istituto delle Scienze neurologiche di Bologna - e reso possibile anche grazie a una raccolta fondi di Bimbo Tu - che integra la realtà virtuale alla terapia psico-nutrizionale per intervenire sulla paura di aumentare di peso e normalizzare la percezione di sé. “Crediamo che diffondere una cultura di informazione e sensibilizzazione sui Dca sia la chiave perché cittadini e istituzioni prendano coscienza del problema e si attivino, facendo rete, attraverso il dialogo tra tutti gli attori coinvolti”, ha detto Querzé.
“Oggi non ho più problemi con il cibo, anche se ammetto che ci sono meccanismi e dinamiche che adotto ancora oggi e da cui non riesco a staccarmi. Ci sto ancora lavorando, ma il cibo non è più un nemico”, ha concluso Claudia.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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