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Il tempo che verrà. È uscito il Nuovo Faro di ottobre

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Maria Berri, redattrice di Sogni&Bisogni

L'umanità si è costantemente interrogata sul significato della parola futuro, che ha avuto un posto molto speciale negli studi filosofici e letterari, poichè gli esseri umani hanno, comunque, bisogno di conoscere ciò che la Storia ci ha trasmesso, riflettere su quello che avviene nel presente e cercare di prevedere gli eventi che accadranno.

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Nel numero di ottobre 2023 del Nuovo Faro, il futuro è appunto il tema che viene affrontato dai diversi redattori.
Fabio Tolomelli nel suo editoriale sostiene che esso, nel limite del ragionevole, dipende da noi.
Giunge a tale conclusione basandosi sulla sua esperienza personale e sostiene che i beni più preziosi che abbiamo sono la salute e il tempo.
Infatti, dal 1996 al 2006 si è trovato in una situazione di profondo malessere psichico. E più passava il tempo e più aumentava il suo pessimismo verso il futuro. Si sentiva rinchiuso in una prigione a tal punto da non riuscire ad alzare gli occhi per guardare il mondo che lo circondava. Col tempo è stato incoraggiato a scrivere e piano piano è uscito da uno stato di continua coercizione, dalla disperazione senza sosta.
No, non è guarito, ma è diventato finalmente libero, anche di sbagliare. La sua recovery e la rivista il Faro sono nate insieme e sono cresciute a braccetto. Pur restando fortemente pessimista per il futuro dell’umanità, ha maturato l’opinione che il futuro si può cambiare. Anche se la vita può alzare onde che possono ribaltare la barca su cui noi siamo, dobbiamo tenerci a galla sempre, senza mai arrenderci fino a quando il tempo a nostra disposizione terminerà con la morte. Solo allora non potremo più agire sul presente per modificare ciò che verrà, ma il nostro esempio comportamentale continuerà a condizionare il futuro attraverso le persone che ci hanno conosciuto.

La struttura del giornale presenta, come sempre, una copertina su cui, questa volta, padroneggia il dipinto "L'idolo moderno" di Umberto Boccioni che aderì al movimento futurista, la cui massima espressione letteraria è rapppresentata da Filippo Tommaso Marinetti.
La rivista è stata confezionata seguendo le aree descritte nel sommario che spaziano da pensieri e parole a cinema e teatro; da recensioni e racconti a componimenti poetici e a testi teatrali, e altro. L'inserto, composto da tre parti, presenta un intervento di Stefano Benini (UOC Governo Clinico, Formazione e Sistema Qualità Staff Direzione Aziendale Azienda USL Bologna) che spiega come guarda il futuro attraverso i valori guida: partecipazione, equità e umanizzazione.

Notevole, tra i tanti articoli, quello di Antonio Marco Serra dal titolo "Il Futuro esiste e l'ho incontrato 50.000 anni fa".
Le riflessioni e gli approfondimenti filosofici, fisici e letterari con i quali è imbastito l'elaborato di Serra spaziano tra la teoria della relatività di einsteniana memoria a quella cosmologica.
Antonio scrive che i cosmologi dedicano il loro tempo e i loro studi a proiettarsi in un futuro molto lontano e per lo più in un modo catastrofico. Infatti, sostiene che gli scienziati e gli studiosi, in generale, dovrebbero dedicarsi a periodi relativamente più brevi perchè sarebbero più interessanti e utili, poiché in tal senso si consentirebbe al mondo della ricerca di mettersi in linea di continuità col presente.
D'altro canto, per una persona come lui, afflitta da acribia filologica compulsiva (meticolosità maniacale), il futuro risulta molto meno interessante del passato, perché, non essendo ancora avvenuto, è estremamente impreciso.
Potremmo dire, stando a quanto asserisce Antonio, che il futuro ha quella leggerezza che ci consente di immaginarlo come più ci piace, anche quando le cose apparentemente non si stanno mettendo nel verso giusto. Il futuro è più comodo, il passato più faticoso, ma questa fatica è proprio ciò che induce Serra a frequentarlo instancabilmente.
A ben vedere, per Antonio, almeno nel modo in cui abitualmente percepiamo l'avvenire, ha senso solo se consideriamo la nostra specie. Ma ciò ha un valore se presumiamo che l’uomo disponga del libero arbitrio, altrimenti, se ogni cosa è predeterminata, il futuro è già scritto, come pure ogni nostra azione.
Dal punto di vista teorico, afferma Serra, ci sono e ci sono state al riguardo le posizioni più disparate, dai numerosi filosofi e teologi che hanno negato l’esistenza del libero arbitrio umano, a chi invece vuole estendere questa capacità anche a esseri viventi estremamente elementari. Ad esempio, il neurobiologo Björn Brembs, che ha studiato a lungo il comportamento dei moscerini della frutta (Drosophila melanogaster), sostiene che il loro comportamento non è puramente istintuale, ma mostra una certa flessibilità nel processo decisionale.
Pur tuttavia, se guardiamo indietro alla storia delle civiltà, ci accorgiamo che abbiamo sempre avuto bisogno di qualcosa che ci rassicurasse sul futuro: che il sole sorgesse anche domani, che il cielo non ci cadesse sulla testa.
E, dunque, siamo ricorsi nel tempo alle più diverse e bizzarre tecniche di divinazione.
Sembra proprio che non riusciamo a vivere senza fare continue previsioni (ad esempio, la consultazione degli oroscopi) sul nostro futuro, ma almeno dovremmo cercare che ciò non avvenga a scapito del presente. Antonio crede che questo sia un rischio reale: che il futuro acquisisca un’importanza tale da cannibalizzare il presente. Come scriveva Seneca nelle sue Lettere a Lucilio: “Ognuno vive guardando al domani. Non vivono, ma sono in attesa di vivere” .
La nostra concezione del futuro, conclude Serra, è inestricabilmente legata alla nostre credenze di ‘fede’, anche solo nel senso letterale del termine. Come scrive Giorgio Agamben: “Senza fede o fiducia, non è possibile futuro, c’è futuro solo se possiamo sperare o credere in qualcosa”.

Scorrendo la rivista, la parte che trovo più emozionale è costituita dalle riflessioni in libertà, a mano di più autori. Il file rouge che le lega prefigura un futuro con una prospettiva meno negativa, tranne in qualche caso.
Ad esempio, nel suo poetico racconto dal titolo "Avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e...", Raya Saadi descrive l'alternarsi degli stati d'animo che prova nel ricordare i momenti della sua vita. Le manca il passato e riandando alla sua infanzia, l'altalena, in modo allegorico, rappresenta il punto fermo su cui si giostrava da bambina. Riprova da adulta a rivivere quei momenti ma ci riesce malamente. Nel momento in cui osserva l'altalena prova a risedersi come faceva da bambina, ma si rende conto che rimane bloccata. Lascia scivolare a terra il suo zaino e dondola, prima piano, timidamente, come se avesse paura di volare via, o cadere giù, poi con foga, come se volesse sfidare il punto più alto, ma più va avanti, più si rende conto che si sta perdendo. Si ferma; mette giù i piedi e frena l’altalena. Indietro non si può andare! Quindi si alza, prende il suo zaino e fa un passo in avanti, verso ciò che sarà il suo futuro, che si sta prendendo anche il suo presente, lasciandola in uno stato di malinconia.

Anna Maria Pareschi, invece, nutre una forte speranza verso il futuro. Infatti, nel suo lavoro dal titolo "Speranza", sogna un mondo di pace, di amore e di solidarietà. La realtà è purtroppo molto lontana dai suoi desideri. Spera, comunque, in cambiamenti positivi.

Maurizio Bergami nel suo articolo che s'intitola "Fiducia", si sofferma sui gesti di solidarietà compiuti ininterrottamente da persone o da associazioni nei confronti delle persone fragili.
I volontari si prestano, ad esempio nelle varie Caritas delle città, a somministrare pasti caldi o a offrire parole di conforto a chi ne ha estremamente bisogno.
Il nostro futuro, quindi, passa soprattutto da questi gesti, che seppur piccoli danno a chi li riceve e a chi li dà un amore grande, che ci fa guardare il nostro domani con più fiducia.

A mio parere, comunque, per chi soffre di problemi psichici, non c'è futuro senza progettualità integrata. Una volta gestiti o in parte superati, grazie a interventi mirati, i momenti bui dovuti alla depressione e alla messa in discussione della propria esistenza, occorre fissarsi degli obiettivi. Oltre ad avvalersi delle cure psicosanitarie, bisogna migliorare la propria situazione lavorativa, coltivare maggiormente le relazioni sociali e dare linfa alla vita affettivo-sentimentale. Tutto ciò è la molla che fa scattare quel processo dinamico che è alla base del benessere e dà senso al vivere di ognuno di noi.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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