• Home
  • documenti
  • Articoli
  • “Due o tre cose che so di lei”. Un ricettario per la salute mentale

“Due o tre cose che so di lei”. Un ricettario per la salute mentale

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

Con il termine spigolature si intendono raccolte di notizie minori. Se non si trattasse di un argomento fondamentale come la salute mentale del libro “Due o tre cose che so di lei” di Giovanni Rossi (Sometti) si potrebbe dire che si tratta di un’antologia di spigolature riflessive sul tema. O meglio, riflessioni sparse di uno psichiatra impegnato da decenni in quell’ambito basagliano definito psichiatria democratica, perché, secondo i precetti del medico che diede l’impulso alla legge 180, il libro verte soprattutto sull’interesse per la cura dei pazienti psichiatrici fuori dalle normative rigide e dalle pratiche consolidate.

Articolo Due o tre cose

Centrale il linguaggio di Rossi, che usando a piene mani le metafore e il gioco di parole, quasi a volersi rifare a quello delle persone in stato psicotico, ma non delirante, ha composto il libro come un ricettario culinario, forse prendendosi gioco dell’omonimia con quello di natura farmacologica.

Il farmaco è per Giovanni Rossi la relazione, con tutte le controindicazioni del caso quando è difettosa. La malattia per l’autore risiede proprio in quel succedersi di esperienze sociali e materiali in cui l’individuo, fin dal forgiarsi del proprio carattere, rimane invischiato in eventi traumatici che portano allo scatenarsi della malattia mentale.

È il contesto che conta: quello delle parole utilizzate, dei termini delle patologie usati come arma d’offesa, dello stigma nel minimizzare il malato come cittadino di serie b.

La società è permeata, colpevolmente secondo l’autore, da un’immagine del paziente psichiatrico come un essere inferiore a causa del suo essere inceppato.

Parlare di politica schizofrenica, di contraddizioni da bipolari, di egoismo autistico vuole dire mettere nel linguaggio quotidiano i germogli per una visione della malattia totalizzante, una sentenza sulle persone inappellabile.

Il termine schizofrenico è un esempio: spiega dottamente come la definizione non abbia un riscontro preciso in termini medici riferendosi perlopiù alle fasi psicotiche e quindi transitorie di una persona con disturbi mentali. È il drammatico adagio della patente pirandelliana, della definizione affibbiata a una persona che verrà e si riterrà etichettata per tutta la vita da un marchio che impedisce lo scorrere sereno dell’esistenza, fra difficoltà lavorative, sentimentali, relazionali.

Rossi invita ad avvicinarsi al malato senza pregiudizi, nel tentativo di comprendere il ragionamento espresso, sottolineando come la differenza fra i presunti sani e i presunti malati stia esclusivamente nella diagnosi. Un modo per capire, ma senza certezze, di quale malattia si soffra. L’inizio di un percorso terapeutico che non può essere però relegato esclusivamente alla cura farmacologica, ma deve passare attraverso l’integrazione dell’individuo nel contesto sociale in cui vive.

Per questo motivo la lotta di alcune associazioni giapponesi si è incentrata sull’eliminazione del termine schizofrenia per sostituirlo con difficoltà d’integrazione sociale, che riporta all’effetto del disturbo e non alla caratteristica patologica. Missione riuscita, visto che in Giappone la sostituzione teminologica non solo è stata accettata, ma sta contribuendo a una diversa percezione dell’individuo afflitto da questa fragilità. E vuole dire farsene carico istituzionalmente e comunitariamente con una nuova consapevolezza.

Giovanni Rossi ha conosciuto molti pazienti e alcuni li ricorda, nella loro lucidità, in questo libro. Riprendendo un celebre repertorio dei matti italiani, una curiosa pubblicazione che intende ricordare alcuni personaggi cittadini della nostra penisola per quelle che percepiamo come bizzarrie, Rossi propone un suo breve repertorio aggiungendo chi parla da solo perché attaccato a un auricolare telefonico, chi è ossessionato dalla propria automobile, chi, aggiungerei, in automobile scatena rabbie inconsulte contro il traffico e intavola lunghi monologhi in solitudine. La follia è nell’aria e mai come oggi è carica di elettricità che diminuisce le distanze fra “normali” e “disturbati”.

A concludere il libro si succedono alcuni paragrafi rigorosamente in ordine alfabetico in cui Rossi sottolinea come oltre alle disuguaglianze, al potere psichiatrico, alla condizione immiserita del diagnosticato, ai passi avanti e ai passi indietro nella salute mentale, alla dimensione planetaria, quasi pandemica del problema sanitario, esistono anche soluzioni riservate in realtà a pochi.

Mi piace concentrarmi sul termine resilienza, tratto dal linguaggio scientifico riferito alle materie in grado di assumere forme diverse a seconda della pressione ricevuta. Non è possibile parlare della resilienza nella recovery di un malato psichiatrico perché parliamo di persone impastate di elementi non malleabili, duri e concreti come cemento armato.

La persona con disturbi messa sotto pressione si spezza e quindi il senso dell’intero libro si risolve in una domanda importante: e se fosse l’intera società a tentare di non mettere pressione seguendo un percorso sfuggito di mano che impone tempi, ritmi, responsabilità che portano al disagio mentale? Intanto abbiamo nuove generazioni da aiutare, e il loro numero statisticamente è in crescita.

Se uno psichiatra è stato in grado di rivoluzionare il concetto di libertà a prescindere dalla salute mentale di ciascuno, perché tanti psichiatri non potrebbero ambire a una rivoluzione più forte di quella industriale e dell’intelligenza artificiale, richiamandosi a valori più umani per migliorare la qualità della vita di tutte e tutti?




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

Scorciatoie

Sogni&Bisogni

Associazione Cercare Oltre

presso Istituzione Giancarlo Minguzzi
Via Sant'Isaia, 90
40123 Bologna
Codice Fiscale: 91345260375
email: redazione@sogniebisogni.it

Privacy&Cookies

Privacy Policy Cookie Policy