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L'importanza della deprescrizione nel percorso di recovery. Intervista con Giuseppe Tibaldi

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

Per fornire uno degli aspetti della deprescrizione, cioè intervenire sulla diminuzione degli psicofarmaci dove possibile, molte delle sofferenze provate sia dai pazienti psichiatrici che dai loro familiari stanno nella gestione disordinata dei medicinali da parte di chi li deve assumere.

Articolo deprescrizione

È evidente che esiste un cattivo rapporto fra riconoscimento del proprio disturbo e assunzione del farmaco perché, a sentire chi vive l’esperienza direttamente su di sé, procura un cambiamento nella personalità. Si rallenta mentalmente e fisicamente, si diventa dipendenti da una sostanza, aumenta il peso del corpo, si rischiano effetti collaterali di vario genere, e tanti altri motivi sono alla base della discontinuità nell’assunzione.

Il problema è che la persona che soffre di un disturbo, soprattutto se grave, senza medicinale dà libero sfogo agli effetti della propria malattia, sofferenza causata dal rapporto distorto con la realtà, ansie, voci e altre allucinazioni, violenza più contro sé stessi che contro gli altri; ma con un’assunzione abbondante di farmaci la persona è soggetta a una sorta di sedazione.

Un ragionamento è d’obbligo proprio con chi, esperto per professione, operatore psichiatrico, ha deciso di aderire al movimento crescente della deprescrizione farmacologica. Parliamo di Giuseppe Tibaldi, psichiatra del Dipartimento di Salute Mentale Area Nord dell’AUSL di Modena e attivista della Rete italiana dell'Istituto internazionale di deprescrizione farmacologica in psichiatria (IIPDW.org).

Dottor Tibaldi, cosa si intende per deprescrizione?
"Significa portare il numero dei farmaci al minimo possibile, oppure portare le dosi del farmaco a un dosaggio minimo che mantenga dei benefici e che elimini il più possibile gli effetti indesiderati."

Perché la deprescrizione è importante?
"Una piccola riduzione della dose consente di dare un futuro alla persona, nel senso che ridurre i farmaci è un messaggio positivo nel percorso della recovery. Rappresenta ciò che chiamo la speranza ragionevole, cioè un miglioramento della propria condizione affiancato dalla fiducia nell’idea di stare progressivamente meglio. Si tratta di associare al farmaco altre forme di supporto che possano essere sia offerte dai CSM (Centri di Salute Mentale) sia reperite spontaneamente dai diretti interessati, termine nel quale includo sia il paziente che i suoi familiari. Uno stile di vita migliore, sia attraverso attività sportive, una sana alimentazione e occasioni di socializzazione sono tutti contributi per un percorso positivo della recovery. Il farmaco può diventare una parte di un insieme di attività che promuovono la salute dell’individuo. Perché lo psichiatra non deve essere un prescrittore di farmaci ma il promotore della salute indirizzando i diretti interessati verso contesti positivi."

Esiste un movimento nazionale e internazionale sulla deprescrizione. Come opera?
"L'IIPDW ha un sito internazionale e ha una sezione italiana che conta alcuni documenti sia tradotti che prodotti nel nostro Paese. Ho partecipato al primo incontro internazionale in Svezia nel 2019 e ora siamo 150 partecipanti nella rete nazionale. Si collabora nel definire delle priorità. Ridurre i farmaci può essere molto difficile o molto complicato e bisogna sapere come si fa, cosa che i diretti interessati non possono fare autonomamente e che non devono fare in modo brusco. Le nostre sono regole rigide con un aiuto specifico su come si procede, cioè molto gradualmente. È molto difficile, per esempio, sospendere alcuni antidepressivi che vengono prescritti con troppa facilità anche da medici generici, con effetti di sindrome di sospensione che causano una reazione negativa dell’organismo".

In Inghilterra si è legiferato a favore della deprescrizione. Tutto nasce dall’esperienza di Luke Montagu, che ha sofferto per la sospensione di un trattamento da antidepressivi, comprendendo che troppe prescrizioni sono dettate da scelte mediche superficiali e influendo, grazie al suo rilievo pubblico, sulla discussione già in atto sulla deprescrizione e portando il parlamento a legiferare in proposito. “Non si tratta di ricadute nella depressione quando si sospendono i farmaci - ha spiegato il dottor Tibaldi - ma di una sindrome vera e propria da astinenza del farmaco”.

La rete italiana è molto ricca di voci diverse. “Ci sono tutte le componenti fra psichiatri psicologi infermieri, poi farmacisti farmacologi esponenti delle associazioni dei familiari e degli utenti, tutti i soggetti attivi in Italia. Quindi il dibattito si è concentrato soprattutto sulla stesura di una linea guida che è una sorta di indicazione generale su come vanno pensati i percorsi di deprescrizione e ha tre grandi sezioni: i principi generali, le indicazioni per i prescrittori e una terza parte per familiari utenti e soggetti interessati. La deprescrizione e la prevenzione di nuovi episodi di malessere intenso corrono paralleli. È uno dei principi di coprogettazione del percorso”.

Dottor Tibaldi, cosa risponde a chi è critico nei confronti della deprescrizione?
"Nella salute mentale è necessario creare una cultura della deprescrizione che in altri campi, come quello geriatrico, è già passata. Meno è meglio se il percorso è positivo, se la persona è diventata capace di gestire in un modo migliore le proprie crisi, se sa affrontare i momenti più difficili senza soccombere. C’è un eccesso di mortalità in chi assume antipsicotici causato dall’indebolimento dell’organismo. Da quando è emerso questo dato si è provato a individuare negli scorretti stili di vita le vere cause; ma il caffè e la sigaretta contengono sostanze che danno una pausa di pochi secondi o minuti rispetto agli aspetti sedativi degli psicofarmaci, e l’abuso di caffeina e nicotina non possono che peggiorare lo stile di vita. È giusto portare le aspettative di vita di chi assume psicofarmaci con controindicazioni importanti ai livelli degli altri. L’effetto dell’antipsicotico è da considerare, come da manuale, un freno che influisce sull’intero organismo. Il problema è l’intensità del freno. Se è eccessiva la persona passa la giornata a combattere questa intensità".

Quali sono gli obiettivi futuri della rete per la deprescrizione?
"L’indirizzo è quello di valorizzare anche ciò che succede nella rete internazionale di cui siamo debitori, soprattutto sul come si deprescrive, cosa particolarmente tecnica che riguarda come disegnare la curva della deprescrizione. Sul piano nazionale l’obiettivo più immediato è quello di promuovere il concetto che la deprescrizione non va considerata qualcosa da gestire in modo spontaneistico e selvaggio e deve rispettare dei principi di coinvolgimento delle persone interessate compresi gli psichiatri. Tenendo conto anche delle loro legittime preoccupazioni".

"La nostra rete ha solo tre anni di vita e quindi ha prodotto alcune cose utili, ed è una voce ascoltata soprattutto dalle associazioni degli utenti e dei familiari, meno dall’universo dei professionisti. A una rete come la nostra piacerebbe che nel corso di specializzazione dei futuri psichiatri ci fosse un seminario sulla deprescrizione. Basterebbe una giornata di formazione. Professionisti familiari e utenti devono essere messi nelle condizioni di condividere le scelte nella consapevolezza. Questo a livello internazionale ha un nome, shared decision making. Nelle scelte rilevanti nel percorso di trattamento di sofferenze mentali gravi di cui si occupano i nostri servizi c’è un coinvolgimento delle persone interessate ancora limitato e noi siamo una delle voci che sostengono questo principio che è fondamentale, anche nel percorso di deprescrizione".

Linee guida sulla deprescrizione IIPDW Italia




 

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La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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