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I diritti non esigiti delle persone con disabilità mentale

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

Il libro di Metatizia intitolato “Cronache di Bipolarismo” (Albratros, 2022), si conclude con un’appendice a cura di Marco, marito dell'autrice e psicologo, in cui vengono trattati alcuni importanti punti soprattutto sui diritti non esigiti o non erogati da parte delle persone con disabilità mentali aventi diritto. Per questo motivo, e con il permesso della casa editrice e dell’autore, riportiamo alcuni estratti dall’appendice al libro.

Foto bipolare dati

L’Italia è, sulla carta, un Paese virtuoso per chi risulta portatore di disabilità. Trae le origini di tale funzione sociale fin dalla nascita delle Costituzione Italiana del 1948, con un chiaro imprinting dagli articoli 2 e 3: ‘La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale’. E ‘tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese’.

Non solo la tutela della dignità e dei diritti di qualunque cittadino è posta come un obiettivo da realizzare, ma viene anche dichiarato che è lo Stato a doversene attivamente occupare.
L’Italia si pone come Paese all’avanguardia nell’ambito della tutela e inclusione della disabilità, riguardo anche al sistema scolastico, dove una serie di leggi porteranno all’abolizione delle classi speciali e differenziali (Legge 517/77), classi formate unicamente da studenti con disabilità, che verranno pian piano accolti da classi di studenti normodotati e inclusi mediante facilitazioni e intervento di insegnanti specializzati. Si evita quello che veniva realizzato un tempo con le classi speciali, ovvero creare un sistema tramite il quale le persone con una disabilità venivano fin dai primi anni separate dagli altri, creando una pensante discriminazione nei loro confronti.

Un altro passo epocale per la tutela piena dei diritti dei disabili avviene nel 1992, con la Legge 5 n.104, denominata Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, legge volta a tutelare:
La Salute e l’Integrazione sociale, in termini di prevenzione, cura e prevenzione, riabilitazione e integrazione sociale.
Educazione e Istruzione
Formazione professionale e Lavoro
Barriere, casa e trasporti
Agevolazioni fiscali a genitori degli assistiti e ai lavoratori
Gestione dei compiti dello Stato, delle Regioni e degli Enti pubblici nel facilitare questo processo
Copertura finanziaria

La legge 104 fa parte di un progetto di inclusione dei portatori di disabilità che va dalla più tenera età fino alla vecchiaia, accogliendo e supportando studenti e alunni con difficoltà e offrendo la sopra citata serie di aiuti anche agli adulti e gli anziani.
Nel 1999 viene invece varata la Legge 12 n.68, che prevede una raccolta di norme per il diritto al lavoro dei disabili, i quali vanno inseriti anche sul posto di lavoro e adeguatamente supportati, non esclusi perché funzionalmente limitati dalla loro disabilità, permettendo loro di realizzare il diritto di lavorare.
Lo Stato, attraverso i suoi canali e funzionari che lo rappresentano, deve quindi garantire una serie di diritti. Tutte le disabilità conosciute sono tabellate sull’ICF (International Classification of Functioning Disability and Health), un manuale che raccoglie tutti i tipi di disabilità, ordinati per tipologia e livello di danno che creano al funzionamento della persona. Di fronte a un grado di disabilità accertato vengono sbloccati i benefici previsti per legge.
Lo Stato, tutti gli enti che ne esercitano le funzioni, quale scuola, università, sanità ed Enti previdenziali, a livello nazionale, regionale e locale sono obbligati a garantire i diritti emersi in sede di accertamento. E così tutti i dipendenti che lo rappresentano, come emerge dall’articolo 28 della Costituzione Italiana: ‘I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti’.

È chiaro che l’Italia, a differenza degli altri Paesi nel mondo, perfino di Paesi ben più sviluppati e ricchi (basti pensare al mondo anglosassone, tutt’ora ancorato al sistema delle classi differenziali), ha scelto una sfida ambiziosa ed estremamente complessa.
Le disabilità esistenti non sono un numero fisso, variano e spesso sono in aumento, le leggi che le tutelano vanno chiaramente interpretate da gente competente. Molte disabilità non sono visibili, basti pensare alle malattie oncologiche, le tiroiditi, il diabete, le malattie mentali, i disturbi endocrinologici e cardiaci. Spesso i cittadini non sono minimamente a conoscenza del fatto di avere diritto a essere supportati dallo Stato, non chiedono di accertare il loro diritto a ricevere sostegno o si vergognano di chiederla. La stragrande maggioranza degli assistiti si concentra sui soli benefici economici, punta alla pensione di invalidità o quella di accompagnamento, dimenticando che vi sono invece supporti spesso più utili come sgravi fiscali rispetto ad alcune patologie, esenzioni, permessi lavorativi o altro. Molte persone, correttamente valutate come aventi diritto di una serie di benefici, sono viste da altri cittadini poco informati come soggetti cui sono concessi privilegi immeritati, creando invidia sociale. (…)

I primi ad avviare le procedure che riguardano il riconoscimento dell’invalidità sono i familiari, in quanto rappresentano la prima istituzione e nucleo sociale. I familiari hanno l’insindacabile diritto di chiedere o meno l’invalidità. A meno che non siano sotto stretto controllo dei Servizi sociali che ne monitorano la capacità genitoriale in quanto il nucleo si è trovato in una condizione di grave crisi psico-sociale. Finché però la famiglia non è incappata in particolari segnalazioni è libera di non richiedere l’invalidità. Anche quando il quadro di compromissione è palese. Insegnanti, pediatri, medici, amici e parenti possono dire quello che vogliono, ma finché rimane la potestà genitoriale sui figli (meritata o meno che sia) la famiglia ha l’insindacabile diritto di chiedere l’invalidità per i parenti di cui si prende cura (anche quando non ha senso farlo) o di non chiederla (anche quando ce ne sarebbe un profondo bisogno).

Paradossalmente, essendo le leggi a favore della disabilità così tante e l’informazione a riguardo scarsa e confusionaria, i cittadini aventi diritto o i loro caregiver sono a loro volta estremamente confusi, confondono l’Invalidità civile con i permessi per la 104, la pensione di accompagnamento con l’invalidità legata alla cecità o alla sordità, emettono richieste poco pertinenti. Molti fanno la richiesta della visita di verifica quando non ci sono i presupporti minimi per una valutazione di disabilità, molte volte invece non fanno questa richiesta, temono che non riceveranno supporto, hanno paura dello stigma sociale legato a qualunque tipo di disabilità.

In questo bisogna ricordare una scomoda verità: i parenti in genere non sono le persone più obiettive a prendersi cura di un caro con una disabilità. Ovviamente spesso - specie quando si parla di malattia mentale - sono i parenti stessi la causa del malessere della persona. Non lo dico io, lo dice la quasi totalità della letteratura di Psicoterapia dinamica, lo dice la Teoria dell’attaccamento, come pure le Teorie Sistemico-Relazionali e diversi altri modelli di psicoterapia. Esistono parenti realmente interessati al destino dei loro cari, persone che rinunciano a mantenere le loro priorità, il loro equilibrio familiare (stabile, ma patologico), il loro tempo per un’altra persona. Lavorare a contatto con la disabilità e le famiglie che se ne prendono cura significa trovarsi di fronte alle più grandi e vergognose ipocrisie, egoismi e incapacità, ma anche di fronte ai più grandi atti di sacrificio e eroismo. (…)”.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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