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La solitudine, è uscito Il Nuovo Faro di Gennaio

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

a cura di Maria Berri e Daniele Collina, redattori di Sogni&Bisogni

È uscito Il Nuovo Faro di gennaio. Il tema che viene affrontato in questo numero della rivista è la solitudine. Canzoni, film, libri, poesie, la solitudine è un argomento che è stato raccontato sotto diversi punti di vista. All'interno c'è anche un inserito dedicato al ritiro sociale, quella particolare condizione che viene chiamata Hikikomori, termine giapponese che significa “in disparte”.

Foto FaroSolitudine

Dalla costrizione dell'isolamento alla libertà di scelta
di Maria Berri, redattrice di Sogni&Bisogni

Nel numero di gennaio 2023 de Il Nuovo Faro, la solitudine è il tema che i vari autori interpretano secondo le proprie corde e le personali sensibilità. Nel suo significato più ampio essa si può definire come una condizione e un sentimento umano nei quali l'individuo si isola sia per scelta propria, se di indole solitaria, sia per vicende personali e accidentali di vita, oppure perchè isolato o ostacolato dagli altri esseri umani, generando così un rapporto, ma questo non sempre, privilegiato con se stesso.

Sfogliando le pagine della rivista ci si imbatte in articoli che orbitano intorno alle varie espressioni della solitudine. Ne è testimonianza la copiosa produzione di poesie, racconti, testi musicali, soggetti cinematografici e fotografici che toccano la sfera intimistica e riflessiva degli autori. Le emozioni vengono trasfigurate anche negli affreschi pittorici, presenti ne Il nuovo Faro. Emblematica l'opera intitolata "La solitudine", che campeggia nella copertina, in cui viene disegnata una figura con il capo chino e assorta nei suoi pensieri. Il paesaggio intorno è tratteggiato con colori graffiati e velati, caratteristiche del più poetico paesaggista romantico Antonio Fontanesi.

Come dice l'editorialista Fabio Tolomelli, la solitudine non è solo una condizione fisica o mentale più o meno duratura, può essere anche il richiamo di un luogo solitario, o l’influenza di una particolare situazione ambientale che induce alla meditazione e al raccoglimento.

Tolomelli quando pensa alla solitudine ha in mente i mesi dell'autunno che per antonomasia inducono alla malinconia, guarda alla natura che diventa via via più brulla e si sente avvolto da una coltre di nebbia, ma nel contempo richiama alla sua mente anche immagini positive come gli alberi con le foglie bagnate e rese lucide dalla pioggia, e il profumo delle caldarroste che si sparge per i vicoli della città.

Il suo carattere malinconico si fonde in modo naturale in questo paesaggio che non ha la lucentezza e il brillare delle altre stagioni e invecchiando ha imparato ad amarne profondamente la suggestione.

Comunque Tolomelli nel suo editoriale sostiene che non ha mai sofferto la solitudine in modo particolare e che spesso per lui è la ricerca di spazi e momenti per poter mettere in ordine i suoi pensieri e riflettere sui perché e sui per come della giornata.

Probabilmente ha bisogno anche di compagnia, ma conclude con una citazione dell'attore Robin Williams: “Pensavo che la cosa peggiore nella vita fosse restare solo. Non lo è. La cosa peggiore nella vita è finire con persone che ti fanno sentire solo”.

Interessante l'inserto che focalizza l'attenzione sul fenomeno Hikikomori, situazione patologica molto diffusa in questi ultimi tempi, perlopiù tra i giovani, che letteralmente vuol dire "in disparte". In esso si parla del ruolo fondamentale che ha avuto l'associazione AMA Hikikomori aps, fondata da un gruppo di genitori e di psicologi toccati nel profondo da questa problematica.

Lo stesso inserto si sviluppa in tre parti: nella prima viene spiegato come il ritiro sociale volontario si manifesta attraverso tre livelli differenti di gravità. Uno stadio iniziale in cui si evidenzia una difficoltà ad affrontare situazioni di confronto sociale da parte dei ragazzi. Un secondo livello in cui i sintomi iniziali si acuiscono e i ragazzi si assentano da scuola sempre più frequentemente e spesso fanno fatica a entrarci. Nel terzo stadio, se non si riesce a riallacciare un filo comunicativo con i ragazzi, restituendo loro fiducia in sé stessi, si corre il rischio di arrivare a una chiusura totale in cui i ragazzi si appartano in camera e si rifiutano di avere contatti con il prossimo anche se si tratta dei loro familiari. Invertono il ritmo sonno/veglia, smettono di lavarsi e mangiano anche in modo sregolato.

Nella seconda parte si descrive come sia necessario sospendere il giudizio e disporsi all’ascolto e alla comprensione di un fenomeno che in parte non conosciamo. Senza questa fase di ascolto, le diagnosi o gli interventi rischiano di essere sbagliati. Migliorata la comunicazione, si può anche più facilmente distinguere se, alla base del comportamento di isolamento, ci siano patologie. Lo stesso atteggiamento di sospensione e ascolto dovrebbe essere suggerito e promosso anche a livello sociale, alle istituzioni, agli insegnanti e ai professionisti interessati.

Nella terza parte dell'inserto emergono due testimonianze di familiari che vivono sulla propria pelle il fenomeno Hikikomori. Un padre racconta la sua esperienza mettendo in luce come il ritiro sociale del figlio sia diventato la causa della solitudine della famiglia, poichè essa si trova ad affrontare un problema enorme anche al di fuori dell'ambiente domestico, fatto di incomprensioni, di persone pronte a giudicare e a sentenziare. Molto spesso accade che anche gli stessi figli accusino i genitori di essere la causa del loro disagio. Inevitabilmente la famiglia si chiude in se stessa con un carico di frustrazione e vergogna.

La cosa più giusta da fare è tentare una sorta di rinascita. Soprattutto l’atteggiamento verso la vita e verso gli altri deve mutare per poter sperare di uscire dal tunnel: occorre abbandonare la mentalità della produttività e della performance che impregnano il quotidiano e le relazioni sociali, per spostarsi invece sulla valorizzazione dell’essere, delle sue esigenze e delle sue potenzialità. In sintesi porre l’attenzione non tanto sul risultato (“com’è andata oggi?”) quanto sulla persona (“come stai?”).

Tocca quindi, ai genitori cambiare atteggiamento, consapevoli di quest’urgenza. Riuscire a fare questo percorso non è semplice, ecco perchè è necesssario il sostegno alle famiglie costituito soprattutto dall'apertura al dialogo, raccontandosi e ascoltando chi davvero comprende, condivide e vuole a sua volta aprirsi agli altri. Per questo motivo è fondamentale il supporto dei Gruppi di Auto Mutuo Aiuto. E come dice il padre sulle pagine del Nuovo Faro: "Chi vive le tue stesse pene è in grado di comprenderle, chi si trova nella tua stessa situazione riesce ad ascoltare senza giudicare, chi soffre come te non elargisce consigli ma comprensione".

Anche la storia di Sole (nome di fantasia) è significativa, raccontata attraverso le parole della madre che descrive la sua giovane figlia come una persona molto capace, intuitiva, determinata e anche carina, ironica e sensibile. "La scuola, però, ha giocato un ruolo fondamentale, tanto che ancora oggi parlarne è un vero tabù: il solo accenno all’argomento fa cambiare atteggiamento a Sole e la riporta alla chiusura", dice la madre.

Sole ha attraversato tutti e tre gli stadi del ritiro sociale fino a giungere a rintanarsi completamente in camera sua e a non curarsi nè di sé stessa, nè della sua stanza che chiudeva sempre a chiave. Aveva anche iniziato a saltare i pasti. Stava male e la sua famiglia pativa il suo stesso malessere. Per i genitori di Sole è stata un'escalation di emozioni passando dalla paura alla rabbia per poi ripiombare nella paura per il suo stato fisico e mentale. Era dimagrita tantissimo e temevano subentrasse in lei una forma di anoressia o di depressione.

Anche Sole e la sua famiglia si sono rivolti all'associazione e hanno preso parte ai gruppi di AMA avvalendosi anche della consulenza di uno psicologo che segue tali gruppi. Il percorso compiuto da Sole ha avuto così molti risvolti positivi perchè non solo ha migliorato i rapporti con i suoi genitori, non solo si sta poco alla volta aprendo al mondo esterno, ma soprattutto sta cercando di esplorare le vie della conoscenza. Tra l'altro sta imparando le lingue tramite Internet.

Nelle ultime pagine della rivista, che acquistano una dimensione internazionale, il tema della solitudine viene declinato nei vari racconti inerenti la soledad descritta con molte sfumature dal Gruppo di Spagnolo e travalicando in modo figurativo la penisola iberica, la solitudine approda sulle sponde insulari nipponiche.

Tra le riflessioni, i racconti e i disegni, spicca la famosa leggenda giapponese, tradotta da Valentina Pesci, tratta dal racconto di Mark Cartwright. È la leggenda più famosa riguardante Amaterasu Omikami, la grande dea che splende nei cieli, la dea del sole che si ritira in una caverna in seguito a un litigio con il malvagio fratello minore Susanoo (o Susa-no-wo), il dio della tempesta.In seguito alla scomparsa di Amaterasu, il mondo cadde nella completa oscurità e gli spiriti maligni erano liberi di creare disordine per tutta la terra. Gli altri dei, quelli benigni, escogitarono alcuni stratagemmi per persuaderla a lasciare la caverna, ma solo quando la dea Amenouzume (o Ama-no-uzeme) danzò in un selvaggio striptease, le risate fragorose degli altri dei solleticarono la curiosità di Amaterasu. Mentre apriva la porta, fu abbagliata dal suo meraviglioso riflesso nello specchio e fu tirata fuori dalla caverna dal potente dio Ame-no-tajikara-wo, impedendole così di tornare nelle tenebre.

Il mondo fu inondato di nuovo dalla luce del sole e Amaterasu tornò a rendere fertile la terra. Si tratta, palesemente, di una allegoria astronomica, il cui significato è evidente. La solitudine e l'isolamento della dea la rende sterile, prigioniera di sé stessa, lontana dalle altre creaure dell'universo. Al suo risveglio, la dea diventa rigeneratrice di luce, di vita ricreando l'armonia del creato e vegliando e prendendosi cura del genere umano.

Per concludere mentre la solitudine esige una decisione, una libera scelta, molte volte per ritrovare se stessi, l'isolamento rappresenta una sorta di buco nero, una costrizione che irretisce la mente, restando estraneo al nucleo caldo dell'esistenza. Che sia nevrotico o psicotico, l'isolamento allontana da se stessi e dalle situazioni concrete della vita.

 

 La solitudine nella musica e al cinema: tra Laura Pausini e Titanic
di Daniele Collina, redattore di Sogni&Bisogni

La solitudine è uno stato d’animo che presenta molte sfaccettature. Si va da quella classica di chi si sente solo perché non ha persone con cui interagire a chi invece si isola dal mondo, dal semplice solitario fino all’estremista eremita, per entrare in contatto con sé stesso, vivere la vita senza imposizioni della società o più semplicemente per meditare.

In alcuni suoi articoli Luca Gioacchino De Sandoli ci parla di come la solitudine è stata affrontata dalla musica e dal cinema. Quando si tratta di canzoni la scelta più immediata è “La Solitudine”, che ha condizionato nel bene e nel male la carriera di Laura Pausini, anche se a De Sandoli dispiace che questa artista sia identificata solo con quel brano avendo scritto tanti altri pezzi memorabili.

Ma tant’è si dice che il primo amore non si scorda mai e paradossalmente anche il testo della canzone, autobiografico, tratta un primo amore finito con il trasferimento di lui in un’altra città per motivi di lavoro del padre. La solitudine che nasce da tutto ciò è probabilmente la più classica possibile. Alla giovane protagonista manca il suo Marco in ogni momento della giornata a partire dal viaggio in treno di ogni mattina, alle ore scolastiche vuote senza di lui fino ad arrivare al tempo passato in casa a ricordare l’amore perduto. Si sente sola e si chiede se anche il suo ex fidanzato senta la sua mancanza quasi come se soffrire entrambi di solitudine fosse in qualche modo consolatorio.

Molto più complicata è l’analisi di un’altra canzone di cui ci parla Luca, "The loneliest" dei Maneskin veri dominatori della scena musicale degli ultimi anni in Italia. Il fatto che il testo sia in inglese non aiuta e nell’articolo vi è una traduzione in italiano che facilita la comprensione del messaggio che questo brano vuole dare. Anche in questo caso comunque sentire la solitudine fa male e il brano parla di abbandono dopo la morte inteso come avere paura che la propria dipartita porti chi rimane a sentirsi solo e abbandonato.

C’è la volontà di lasciare dietro di sé qualcosa che possa alleviare il dolore, anche una semplice canzone in cui la frase principale è “Questa notte sarà la più solitaria” e il protagonista sembra accogliere come propria la solitudine dell’altro in una catarsi liberatoria per entrambi. De Sandoli però ci dice anche che “a volte, quando si è soli rievocare i momenti belli che si è vissuti non è sufficiente o non serve a niente”. Tuttavia spesso ricordare può essere l’unica cura contro la solitudine.

Nel cinema invece De Sandoli ci parla del film pluripremiato agli oscar “Titanic” di James Cameron e interpretato da Leonardo Di Caprio e Kate Winslet. I protagonisti del film Jack e Rose vivono la solitudine in due modi radicalmente diversi: lui infatti, pur povero, è una persona indipendente e autosufficiente e nell'articolo viene descritto come affetto da solitudine felice, anche se è solo ha imparato a trarre il meglio dalla vita senza dipendere troppo dagli altri, non è un eremita e se ne ha l’occasione stringe volentieri rapporti di amicizia. Al contrario Rose si sente sola pur facendo una vita mondana in cui però non si riconosce. La madre vuole che sposi Cal un uomo che è tutto il contrario di Rose cioè arrogante, classista e prepotente, scelto solo perché ricco.

L’incontro tra questi due diversi tipi di solitudine porta a un grande amore che attraversa tutto il film fungendo da cura per entrambi. In apparenza è un amore impossibile data la differenza di ceto sociale tra loro due ma diventa perfetto in quanto entrambi credono negli stessi valori e hanno interessi comuni. La morale di questa storia potrebbe essere che il vero amore è la cura migliore alla solitudine di qualsiasi tipo essa sia.

Purtroppo il finale è universalmente conosciuto, il Titanic affonda e Jack muore dopo avere salvato Rose. Da questo sacrificio Rose trova la forza per fuggire dalla sua vecchia vita, e quindi anche dalla solitudine, lontano dalla madre che non la capiva. Certamente continuerà per sempre a pensare a Jack con nostalgia ma la loro storia dimostra che dalla solitudine si può guarire avendo il coraggio di vivere la vita fino in fondo senza lasciarsi travolgere da sentimenti negativi.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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