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La politica dei piccoli passi di Carla per affrontare la dipendenza del compagno

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

La sensibilità di chi soffre di patologie legate a disturbi mentali e dipendenze sembra deflagrare nel periodo natalizio. La solitudine si accentua, il silenzio delle strade rese deserte dalle persone chiuse nel caldo delle case a celebrare le feste natalizie suscita un senso di disagio in chi sente la mancanza delle energie trasmesse dalla comunità abituata a incrociarsi nelle strade o raccogliersi nei locali pubblici.

Foto articolo testimonianzaCaregiver

Ogni attività si ferma e con essa la sensazione di vitalità che trascorre nelle giornate in cui le persone sono affaccendate in mille situazioni differenti. Per chi trova rifugio nel contesto famigliare natalizio può crescere l’insofferenza nel confrontare la propria diversità con le consuetudini dei rapporti con parenti che si incontrano una volta l’anno soltanto. Questo vale anche per i familiari delle persone malate, nel loro tentativo, a volte purtroppo vano, di regalare un momento di serenità ai propri cari in difficoltà.

E proprio con il Natale questo difficile rapporto può in alcuni casi raggiungere l’apice della tensione. Di solito pensiamo al ruolo dei genitori, ma esiste anche il rapporto di coppia, che Carla racconta attraverso l’esperienza con il proprio compagno; un rapporto annullato da una dipendenza dalla quale il partner non solo non riesce a staccarsi ma che ha cambiato il suo carattere e il suo umore in modo repentino.

In questa storia, simile a quella di tante altre donne, al sospetto seguito dalla conferma che qualcosa non funziona più come prima, segue lo smarrimento, la sospensione della relazione e infine la presa di coscienza mista a un generoso desiderio di aiuto; fasi che mettono alla prova ma confermano la solidità di una relazione affettiva.

È Carla che in principio asseconda l’annullamento della personalità del partner per non fargli sentire una pressione inutile o addirittura controproducente. È Carla che continua la sua vita quotidiana fatta di responsabilità e difficoltà e che quando torna a casa sa che ad attenderla c’è una persona svuotata da ogni sentimento e paralizzata dall’angoscia e dai sensi di colpa. Fra i due esiste il terzo incomodo della dipendenza. E per allontanarla è necessario fare passi piccoli ma decisi riportando progressivamente il proprio compagno a una vita regolata da orari e abitudini sane. Ma sempre con passi piccoli e discreti.

Nell’isolamento nel quale la persona con dipendenze si è cacciata, circondata solo da compagni di consumo dopo aver fatto il vuoto degli amici veri, riuscire a ragionare per prendersi cura di sé diventa un lavoro quotidiano fatto di suggerimenti proposti nel momento più opportuno. È una questione di intuizione, di sensibilità e profonda conoscenza dell’altro.

Una volta che si ristabilisce entro le quattro mura l’abitudine ad avere cura di sé giunge spesso il momento di proporre un aiuto esterno. Nel caso di Carla è stato l’avvicinamento del compagno a un gruppo di Auto Mutuo Aiuto, nel quale il confronto con persone che hanno già iniziato il percorso di “riabilitazione” si insinua progressivamente nella mente della persona con dipendenze. L’obiettivo è sostituire la sostanza con i rapporti, l’abuso con le riflessioni introspettive. Riprendere, in altre parole, la coscienza di sé.

Per Carla questo percorso ha coinciso con l’accompagnare regolarmente il proprio partner agli incontri e riportare in lui il desiderio di applicarsi nelle attività quotidiane anche più semplici, come uscire di casa non più per procurarsi le sostanze ma per provare a vivere il contatto con la città e i rapporti umani in un’ottica non più del cacciatore di “roba”.

In questo rapporto di aiuto c’è la consapevolezza della fragilità della persona, quella che ha portato alle sostanze e che potrebbe portare a una ricaduta. Spesso l’idea di una guarigione completa è una vana speranza, una visione consolatoria ed egoista dei familiari. A questa favola bisogna sostituire, racconta Carla, la scelta di farsi o non farsi carico della sofferenza del proprio caro. Se la si accetta la si deve vivere senza farsi sottomettere da comportamenti prevaricanti o disperatamente capricciosi, ma allo stesso tempo bisogna mostrare nei fatti di partecipare delle sofferenze altrui, di ascoltarle, di capirle, di provare a instaurare un dialogo che abbia come obiettivo quell’equilibrio della persona che non può che migliorare anche quello degli affetti.

L’obiettivo, sembra suggerire Carla con la sua politica dei piccoli passi, potrebbe essere quello di lavorare nel proprio ruolo di “caregiver” nel rendere la persona, affetta da disturbi o dipendenze è irrilevante, pronta a incontrare con felicità quella famiglia allargata, che può anche sembrare invadente, attorno alla tavola imbandita delle feste natalizie. Se non sarà pronta per quest’anno pazienza: l’appuntamento sarà fra altri 12 mesi.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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