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Limite e confine, tra staticità e dinamismo. È uscito Il Nuovo Faro

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Maria Berri, redattrice di Sogni&Bisogni

Nel numero di ottobre de Il Nuovo Faro, balza evidente in copertina l'opera d'arte del macchiaiolo Giovanni Fattori raffigurante una scena di butteri toscani che marcano gli zoccoli di cavalli indomiti per indicarne la proprietà e la provenienza.

copertinaConfineGrande

Il file rouge che lega i vari articoli è come viene declinato il termine Confine che dà il titolo alla rivista, seguendo i vari approfondimenti e le varie prospettive degli autori.

Fabio Tolomelli nel suo editoriale parla dei diversi significati della parola confine che di solito si definisce come uno spazio geografico sia fisico che politico. Ma il confine può essere anche di natura giuridica e sin dall'antichità gli uomini utilizzavano cippi per delimitare aree confinanti.
Passando alla sfera della psiche, anche quando si enunciano concetti e si costruiscono teorie, si tracciano idealmente dei confini. Tolomelli fa ricorso a Freud che dà "una rappresentazione spaziale dei sistemi psichici come se fossero luoghi fisici e quindi raffigurabili". L'Io è in sostanza la nostra coscienza e il nostro agire che deve mediare tra tensioni, talvolta contrapposte, di Es, la nostra istintualità, e Super Io, la nostra coscienza morale.
L'autore sottolinea che saper tenere conto dei confini è ciò che ci consente di comunicare con gli altri, di comprenderci e di coesistere pacificamente, ciascuno sicuro del proprio spazio.
Nella conclusione del suo editoriale, Tolomelli sente il dovere di puntare i riflettori sulla situazione geopolitica in Europa, in particolare sul confine russo-ucraino ed esorta il presidente russo a farsi un esame di coscienza e, una volta capiti gli errori, correggersi e chiedere perdono. Perché - come dice Bob Marley - “non giudico le persone per i loro errori, ma per quello che fanno per ripararli”.

Fabio Tolomelli, inoltre, è autore di due articoli sul tema. In Un confine senza fine, un racconto autobiografico in cui mette in risalto il sottile confine tra salute e sofferenza psichica, parla del buio dentro cui era piombato a causa della depressione. La sua rinascita è avvenuta grazie alla scoperta della scrittura. Nel secondo, Il signor Ivano, classe 1939, realizza un'intervista in cui Ivano parla del periodo della seconda guerra mondiale e nella sua descrizione riflette su come non tutti i comportamenti dei soldati nemici siano stati simili. Infatti, ricorda che da bambino, quando per curiosità entrò in un magazzino militare tedesco, irruppe un soldato che voleva farlo giustiziare. Fu salvato da un altro soldato tedesco che dissuase il suo collega dall'intento. Forse perchè era un bambino biondo e riccio?
Ivano ha ben impressi nella mente altri ricordi legati ai momenti in cui nel rifugio, costruito in campagna dalla zio, si nascondeva con parenti e vicini per sfuggire ai bombardamenti aerei. Paura e terrore erano dipinti sui volti degli adulti al suono delle sirene e ai rumori assordanti conseguenza della deflagrazione delle bombe.
Nell'intervista non si può certo tralasciare il conflitto bellico più vicino a noi e Ivano critica aspramente l'invasore russo nei confronti del popolo ucraino non senza fare una sua disamina sulle responsabilità politiche anche europee e invita i più giovani a una più attiva partecipazione alla vita sociopolitica per fare sentire maggiormente la loro voce.

Il Nuovo Faro spazia tra approfondimenti filosofici e di psicologia analitica di scuola junghiana; tra poesie e racconti; tra recensioni, giochi e aforismi.
La rivista si completa con una rassegna di articoli e di disegni di respiro internazionale provenienti dal Giappone.
Takahiro Morimoto mette a fuoco nel suo articolo come la violenza domestica, l'abuso verbale, il razzismo, il bullismo e altre aggressioni alla dignità umana e alla sicurezza della vita siano considerate il contrario della pace. Per evitare la guerra occorre fortificare mente e cuore. La condivisione del dolore, il dialogo sono gli strumenti per realizzare una società pacifica. I disegni che sono a supporto del suo pensiero rappresentano scorci di vita spiati con occhi incantati di bambini che scrutano scene idilliache.
Le opere dell'artista irregolare Elena Sarti, selezionate per essere esposte in una mostra a Tokyo, chiudono la copertina della rivista. Notevoli la raffigurazione sacra del Bambino Gesù con la Madonna e lo spicco del volo dei gabbiani. Le pennellate dei colori decisi e intensi caricano le immagini di pathos e di suggestioni emotive, dovute anche a uno stato ansiogeno, causato e amplificato dal suo isolamento in casa per il disagio provocato dalla pandemia da Covid.

Al centro della rivista c'è l'Inserto dal titolo Unire anziché separare, che racchiude due articoli: Brevi riflessioni sul termine "confine e Un progetto coraggioso: Indi Mates.

Nel primo a parlare è Roberto Muratori, psichiatra, direttore dell'Unità Operativa Psichiatria Bologna Est che spiega dal punto di vista etimologico il termine ‘confine’ derivante dall’unione di due parole della lingua latina: finis (che significa ‘limite’, ‘termine’), più il prefisso con (che significa ‘insieme’). Pertanto il suo significato più corretto è ‘un limite in comune’, una linea che acquista il suo senso perché condivisa con un confinante, un vicino, un nostro simile.

Muratori pone l'accento sull'ambivalenza del termine. La linea di confine, la linea che ci separa, dobbiamo pensarla come una linea rigida di chiusura, oppure una linea che può rendere possibile il
contatto e la comunicazione? Si tratta di una linea che può unire invece di separare? Inoltre si chiede: i confini sono barriere da rompere, oppure da preservare e difendere?

Lo psichiatra si sofferma più specificamente sugli aspetti inerenti la sfera della psicologia e della psichiatria. Infatti, definisce come alcuni tipi di sofferenza mentale siano una frammentazione dei nostri confini, della consapevolezza di ciò che è interno a noi rispetto a ciò che ne è esterno. I nostri sentimenti, le nostre paure e angosce, i nostri desideri diventano voci che il mondo esterno mette dentro la nostra testa, e dal nostro più profondo fuoriescono emozioni forti miste di angoscia e di rabbia, ma anche desideri struggenti che vengono proiettati sul mondo e sulle altre persone. "Per cercare di dare un senso a queste esperienze - scrive Muratori - elaboriamo teorie e spiegazioni a volte bizzarre, che dagli specialisti vengono definite come ‘deliranti’''.

Muratori si chiede se i concetti di confine e di limiti siano positivi in campo psicologico.

"Abbiamo bisogno di limiti e confini per poter rapportarci con il mondo e con l’altro, senza esserne invasi e annientati", poichè siamo noi a decidere quando il prossimo ci può avvicinare per mettersi in relazione con noi.

Nella disamina dello psichiatra si mette in luce il confine tra normalità e follia. "È impossibile tracciare una linea di demarcazione obiettiva tra chi soffre di disturbi psichici e chi invece è sano, proprio perché questa distinzione è un nostro artefatto". In ogni società viene definito ‘normale’ colui che segue le regole sociali, che adotta un atteggiamento conformista nei confronti dei codici di comportamento.
Ciò che noi definiamo ‘disturbo mentale’ talvolta non è altro che una serie di difficoltà personali che ubbidiscono fondamentalmente alle stesse leggi che regolano il comportamento cosiddetto ‘normale’, e tutti noi nella vita andiamo incontro a queste difficoltà. Quindi il confine tra normalità e follia è estremamente labile, ed è stato spesso male utilizzato dagli uomini diventando uno stigma, un confine incancellabile che marchiava le persone per tutta la vita, creando così barriere e limiti che non hanno alcuna valenza positiva.

Anche Muratori parla del trauma e delle conseguenze nefaste della guerra perchè traccia confini rigidi e pericolosi tra i belligeranti.
In un film del 2005 di Christian Carlon ispirato a una storia realmente accaduta, dal titolo italiano Tregua di Natale, si racconta come durante la prima guerra mondiale i soldati tedeschi da una parte e francesi e scozzesi dall'altra, sentendo intonare alla Vigilia di Natale canti natalizi, deposero le armi, uscirono dalle trincee e si incontrarono scambiandosi strette di mano, abbracci dolci e quanto altro avevano. Muratori quindi sostiene che se è stato possibile all'epoca per quei soldati rompere la rigidità del loro confine e far prevalere la propria umanità e fratellanza, possiamo riuscirci anche tutti noi.

Nel secondo articolo è presente una intervista, a cura dei collaboratori Francesca Pistone e Luca Negrogno dell'Istituzione Minguzzi, rivolta a Elena e Margherita, due giovani donne che si sono incontrate per caso e hanno deciso di convivere. Elena Rasia, una ragazza in sedia a rotelle ha intrapreso un progetto d'indipendenza a Bologna insieme alla coinquilina Margherita Pisani.
A loro viene chiesto cosa pensano delle associazioni che si occupano di persone disabili e come sono entrate in contatto con la rete del Disabily Pride.
Il progetto Indi Mates che tradotto vuol dire compagni di indipendenza si sviluppa nella scelta libera e autogestita del domicilio e della convivenza.
Entrambe le intervistate trovano che a Bologna le associazioni svolgano un lavoro di inclusione molto significativo, ma è necessaria una sempre maggiore apertura alla cittadinanza per farle sentire meno isolate e chiuse nelle loro problematiche.
Il Disabily Pride è nato altrove, frutto di un attivismo che lotta per l'intersezionalità e l'inclusione delle persone con disabilità. In sociologia per intersezionlità si intende la sovrapposizione di diverse identità sociali e le relative possibili particolari discriminazioni. In conclusione il messaggio che lasciano è quello dell'attivismo delle persone con disabilità che vogliono non solo essere partecipi ma anche considerate persone, esistenti per le loro caratteristiche, senzienti e padrone dei propri destini.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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