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Arte e salute mentale, servono “giardinieri del talento”

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

La necessità di avere voce, una parte fondamentale per ogni essere umano e negata alla persona con disturbi mentali, trova forma nell’espressione artistica, che può essere declinata nell’arte figurativa, nella scrittura, nella musica. Ma l’atto comunicativo deve prevedere un contesto in cui venga raccolto.

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Una mostra, un libro, un concerto. Di questo e molto altro si è parlato nel tavolo intitolato “Arte, creatività e benessere”, tenutosi presso una delle sale riunioni del Museo di Arte Moderna di Bologna (MAMBO). Purtroppo il complesso museale non si è mai interessato di art brut, o outsider art o arte irregolare, cioè le tre definizioni regionali per definire l’arte prodotta da persone che vivono ai margini della società.

Un problema di miopia tutta italiana che all’estero è stata da tempo corretta con gli occhiali della ricerca, della raccolta e della esposizione permanente in collezioni d’arte, alcune delle quali dedicate in modo specifico al tema art brut, come nel caso prestigioso del museo di Losanna.
Ma è proprio necessaria, ci si è chiesti, l’esposizione dentro spazi istituzionali come i musei se i musei sono sordi a ogni richiamo all’indagine artistica nel mondo della produzione irregolare?
Ecco allora emergere l’idea di uno spazio libero, un caffè aperto ventiquattro ore su ventiquattro, che renda disponibili materiali per l’espressione artistica e spazi per l’esposizione distribuiti nello spazio tridimensionale del locale. Non solo le pareti, ma teche, sospensioni, installazioni.

L’arte, rispetto ad altre necessità considerate primarie, vive all’interno dei CSM come qualcosa di non perfettamente compreso ma che si dice abbia effetti terapeutici sull’utente. È evidente la mortificazione alla quale le istituzioni relegano arte e cultura. Nel caso delle iniziative rivolte agli utenti è necessario innanzitutto distinguere fra arteterapia, che prevede delle competenze acquisite attraverso formazioni specifiche, e arte, che deve essere coltivata e poi colta da sguardi esperti, per individuare i talenti che davvero meritino di essere promossi.

Non possono più essere affidati questi compiti a generosi operatori sociosanitari che non sono in grado di adempierli. L’attività artistica non può più essere considerata solamente svago controllato dallo sguardo vigile e sollecito di un educatore. Ecco allora formarsi nelle idee dei partecipanti al tavolo del MAMBO la figura dei "giardinieri del talento”, esperti provenienti dal mondo dell’arte, che non devono assolutamente snaturare le originali capacità dell’utente (quante volte si sono svolti corsi per “insegnare a” ingabbiando e rovinando le naturali capacità espressive seguendo una deprecabile “normalizzazione” del segno grafico). Veri e propri talent scout che operino nel mondo dell’arte, non solo quindi capaci nell’expertise del valore dell’opera realizzata, ma che abbiano anche le relazioni necessarie nel mondo dell’arte per fare da tramite con i vari “portatori di interesse”.

Per riprendere le parole delle organizzatrici del tavolo, Giulia La Face e Patrizia Di Campliquesto caffè randomizzato ha sottolineato la necessità assoluta e primaria di spazi, che siano luoghi di espressione, incontro, relazione, nel segno della ricerca artistica, la quale produce identità, appartenenza e benessere, in quanto punto di incontro con sé stessi e con il mondo”.
Bisogna a questo punto proseguire sulla strada tracciata, se non altro per dare spazio ai desideri dei tanti utenti che amano profondamente la loro espressione artistica, tanto da impegnare un po’ dei loro (pochi) soldi per comprare materiale o pubblicare le loro raccolte letterarie. Giulia La Face e Patrizia Di Campli provvederanno alla creazione di una mailing list “come passo iniziale di costruzione di una rete trasversale che si raccolga intorno alle idee, riflessioni e progetti qui espressi, per dar loro seguito e concretezza”.

L’impressione è che l’interesse sia stato tale da mettere già in movimento incontri trasversali fra compagnie teatrali, operatori culturali e cittadinanza. Si spera nell’alimentazione dei progetti da parte delle istituzioni, che sono invitate a continuare a partecipare attivamente a questo processo di pianificazione in rete.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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