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Dentro la cooperativa Eta Beta, dove ambiente e persone sono interconnesse

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Chiara Ghelfi e Laura Pasotti, redattrici di Sogni&Bisogni

La redazione di Sogni e Bisogni ha visitato lo Spazio Battirame, in via del Battirame, 11 a Bologna, una delle sedi operative della cooperativa sociale Eta Beta, dove è stata accolta dalla vicepresidente Giovanna Bubbico.

Pamela Giovanna EtaBeta
In questa sede si trovano gli orti, il vivaio e il ristorante, mentre nella sede legale al Villaggio del Fanciullo, in via Scipione dal Ferro 4, ci sono i laboratori di vetro, ceramica e falegnameria e la Bottega con le produzioni di artigianato artistico, arredo e design, piante e fiori e ortaggi.

La nascita

Prima di diventare una cooperativa Eta Beta era un'associazione nata nel 1992 tra un gruppo di artisti con esperienze molto diverse tra loro, ma con uno sguardo attento al sociale. Tra loro c'erano anche Joan Cruos, oggi presidente della cooperativa, e Giovanna Bubbico, la vicepresidente che dopo gli studi di estetica si è specializzata nell'uso dell'arte come linguaggio. “In quegli anni siamo stati coinvolti nell'organizzazione di alcuni laboratori da una comunità residenziale per persone tossicodipendenti racconta Bubbico – Questi laboratori  pian piano sono diventati qualcosa di regolare nella comunità”.
Da quell'esperienza sono nate poi le collaborazioni con il pubblico: dall'Asl al SerDp di Bologna, fino ai Centri di salute mentale. “All'inizio il carattere dei nostri interventi era prettamente riabilitativo, l'obiettivo era il benessere delle persone, e l'artigianato artistico era uno degli strumenti che utilizzavamo – dice Bubbico – Poi ci siamo accorti che serviva fare un ulteriore passaggio: dare un senso di continuità a quello che facevamo”. È in quel momento che l'associazione diventa cooperativa di tipo A+B, con l'obiettivo di fare inserimento lavorativo.

L'inserimento lavorativo
Al centro della nostra azione c'è sempre stata la persona – continua la vicepresidente – e quando siamo diventati cooperativa abbiamo cercato di individuare le attitudini specifiche di chi frequentava i nostri spazi. Pian piano sono nate le varie attività, i laboratori di falegnameria, di vetro, di ceramica e poi gli orti e il ristorante. Attività molto diverse tra loro ma con un filo conduttore etico: il benessere della persona e l'attenzione all'ambiente”.
Il primo settore di intervento lavorativo è stato quello delle pulizie, in particolare delle ambulanze della cooperativa sociale Croce Italia. “Siamo partiti così poi nel corso degli anni ci siamo resi conto che il concetto di lavoro è cambiato – spiega Bubbico – Non è un caso che questo lavoro, così come quello negli orti, sia affidato ai nostri dipendenti più grandi, quelli segnalati dai Sert e dalle comunità per tossicodipendenti. Ai più giovani, che sono sempre più numerosi e con storie anche molto difficili non possiamo proporre sistemi di lavoro vecchi; servono percorsi in cui possano riconoscersi, altrimenti l'inserimento non funzionerebbe”.

Le persone arrivano a Eta Beta su segnalazione dell'Ausl di Bologna e del Dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche. La collaborazione con il DsmDp nasce grazie all'ex direttrice Ivonne Donegani, che ha coinvolto la cooperativa in un progetto insieme a Tokyo Soteria, associazione che si occupa di persone con disagio psichico nella capitale giapponese. “Per un anno gli utenti dell'associazione Tokyo Soteria hanno partecipato ai nostri laboratori per conoscere la cucina italiana – spiega Bubbico – Oggi, grazie a questo progetto, a Tokyo c'è un ristorante che propone i piatti della nostra cucina”.

L'esperienza di Pamela
I laboratori di cucina realizzati da Eta Beta insieme a Tokyo Soteria hanno coinvolto persone giapponesi e italiane seguite dal Dsm di Bologna, tra queste ultime c'è anche Pamela, che “ha fatto un percorso importante”: è partita con un tirocinio formativo e oggi ha un contratto a tempo indeterminato con la cooperativa, di cui è anche socia.
È stata la dottoressa che mi seguiva al Csm a propormi il progetto con Eta Beta – racconta Pamela – Io non ci avevo mai pensato perché non avevo mai lavorato in cucina. Per me è stata la svolta perché venire qui significava cercare di stare meglio. E anche se facevo molta fatica, ogni giorno acquistavo qualche capacità in più o recuperavo quelle che avevo perso. E mi sentivo più sicura di me”.

Il contesto lavorativo di Eta Beta è molto accogliente, c'è molto verde, il clima è ospitale e per Pamela c'erano molti motivi per andarci: uscire di casa, passare qualche ora lontano dalla famiglia e, soprattutto, diventare più autonoma. Dopo aver partecipato al laboratorio di cucina, Pamela ha iniziato a lavorare nel ristorante, impegnata prima come cameriera e poi nella gestione della sala. “È stato un percorso molto bello e pian piano ho acquistato tono, autonomia e autostima”, racconta.
Con l'assunzione in cooperativa è arrivato anche un cambiamento nel percorso di inserimento: dal ristorante Pamela è passata alla gestione del magazzino delle marmellate e della vendita al mercato dei prodotti della cooperativa. “Oggi sono in amministrazione e per me è una grande opportunità – racconta – Sono ragioniera e in passato avevo già lavorato in contabilità; questo percorso con Eta Beta mi ha permesso di mettere a frutto conoscenze che già avevo, ma in un contesto accogliente, protetto e con belle persone”. Pamela ha scelto di restare in cooperativa, ma il percorso con Eta Beta le ha permesso di superare l'auto-stigma che porta chi lavora in un ambiente protetto a pensare di non poter lavorare in un contesto lavorativo diverso da quello di una cooperativa sociale.
Oggi Pamela è anche una ESP (Esperta nel supporto tra pari) e lavora con l'associazione L'Arco, “mi piace poter restituire un po' di quanto ho ricevuto io”.

La cooperativa oggi
Eta Beta ha una cinquantina di dipendenti, di cui due terzi sono persone con fragilità. Ogni anno sono oltre 40 i tirocini formativi che vengono attivati. Oltre alle persone che arrivano da Asl, Dsm e SerDp, negli ultimi anni la cooperativa ha anche attivato laboratori osservativi insieme a ragazzi ad alta vulnerabilità con percorsi di migrazione. “Si tratta di interventi circoscritti rivolti a minorenni o neomaggiorenni con traumi molto importanti – racconta Bubbico – Nei nostri laboratori cerchiamo di capire quali sono le criticità e le potenzialità di queste persone”.
Le persone coinvolte dai percorsi formativi e lavorativi di Eta Beta hanno età molto diverse: i migranti e le persone segnalate dal Csm sono molto giovani, mentre quelli che hanno alle spalle percorsi di tossicdipendenza sono più grandi.
L'obiettivo di Eta Beta è sempre stata la sostenibilità, “abbiamo un finanziamento pubblico che copre circa metà del nostro budget, e per noi è un motivo di orgoglio poter dire che tutto quello che facciamo si sostiene dal punto di vista economico, funzionale ed estetico”, spiega la vicepresidente.
Eta Beta ha scelto di non impiegare educatori, ma ha puntato sul lavoro di tecnici (agronomi, vivaisti, falegnami, ecc.) e maestri d'arte. Questi ultimi sono professionisti con una buona sensibilità che si interfacciano con le persone inserite nei diversi settori. Tutto con il coordinamento di Giovanna Bubbico e Joan Cruos.

Aperti verso l'esterno e interconnessi
Oltre al Mercato del Novale (in piazza Carducci a Bologna) e all'OrtoMercato all'interno del Caab, dove vengono venduti ortaggi e prodotti della cooperativa, Eta Beta ha aperto anche un ristorante negli spazi di via del Battirame, che lavora però solo in occasione di eventi particolari. “Le persone che frequentano i nostri spazi faticherebbero a sostenere il ritmo della ristoranzione mentre lavorando su singoli eventi hanno la possibilità di prepararsi al meglio”, spiega la vicepresidente. Per incentivare l'apertura verso la cittadinanza, la cooperativa ha coinvolto alcuni chef, come ad esempio Max Poggi.
La cucina del ristorante è stata allestita grazie alla collaborazione con Zanussi Professional. “È stato uno scambio: loro l'hanno installata e, negli orari di chiusura, la utilizzavano per fare dimostrazioni della strumentazione – spiega Bubbico – Questo rapporto ha portato anche altri risultati; per esempio una persona che frequentava Eta Beta oggi lavora con Zanussi come rivenditore”.
La possibilità di confrontarsi con l'esterno, come accade con il ristorante e altre attività, è molto importante – aggiunge Pamela – La cosa bella è che spesso chi viene qui non si accorge di quello che c'è dietro. Al tempo stesso però se capita qualche scivolone, viene perdonato”.
Il ristorante del Battirame è una delle attività in cui è più evidente la connessione tra le diverse attività di Eta Beta e il fatto che tutti siano impegnati in uno stesso progetto: i tavoli del ristorante sono fatti nei laboratori di falegnameria, piatti e bicchieri arrivano da quello sul vetro, le materie prime per i piatti provengono dagli orti. “C'è sinergia tra le parti, tutto è legato e interconnesso”, dice Bubbico.
Negli ultimi mesi il ristorante è impegnato anche nella realizzazione di matrimoni e dato che le richieste sono aumentate moltissimo la cooperativa ha assunto una persona per gestirne l'organizzazione. “Il binomio profit – non profit funziona molto bene. Lo chef, Max Poggi, garantisce un pranzo di qualità, e allo stesso tempo chi ci sceglie trova la creatività e l'anima sociale di un posto come questo”. Tra le collaborazioni non c'è solo Zanussi, ma anche Unicredit che con il Progetto Carta Etica ha consentito a Eta Beta di acquistare una macchina professionale per fare marmellate e di assumere una persona, e O-Way, azienda di cosmetica organica, a cui la cooperativa fornisce olii essenziali.

Dal tirocinio a un lavoro all'esterno
Sono molte le persone che hanno attraversato gli spazi di Eta Beta – sia quello più aperto del Battirame che quello più protetto e raccolto del Villaggio del Fanciullo – e anche quelle che hanno poi trovato un inserimento lavorativo fuori dalla cooperativa, un risultato di cui Giovanna Bubbico è molto contenta.
I tirocini hanno una durata variabile, a seconda della persona e dell'obiettivo da raggiungere. “Oggi lavoriamo con il Budget di Salute, ma da sempre i nostri percorsi sono incentrati sulla persona, in accordo con il servizio – continua la vicepresidente – Quello che facciamo è capire quali sono le potenzialità di chi abbiamo di fronte e cercare il percorso più adatto. È quello che è accaduto, ad esempio, con Pamela: ha iniziato con la cucina ma abbiamo capito presto che non era il suo ambiente, che era più adatta a gestire la sala. Una volta stabilizzato il suo stato di benessere, c'è stato il passaggio in amministrazione e il percorso da ESP”.

Gli effetti della pandemia
I due anni di pandemia non sono stati facili ma Eta Beta ha cercato di ridurne gli effetti incentivando le attività all'aria aperta. È stata attivata la Spesa inattesa, per la consegna dei prodotti ortofrutticoli, e un servizio di sanificazione delle ambulanze. “Per le persone che frequentano la cooperativa la sanificazione era un lavoro troppo faticoso, sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico – spiega Bubbico – così abbiamo cercato di coinvolgere amici e conoscenti, persone giovani che avevano voglia di fare qualcosa, di rendersi utili”.
Da questa esperienza è nato poi il desiderio di abbassare l'età media dei dipendenti della cooperativa (oggi è 46 anni), inserendo più persone giovani e lavorando su un graduale passaggio di consegne.

Uno sguardo al futuro
Oltre agli orti, in via del Battirame è stato avviato anche un vivaio. Al suo interno lavorano un vivaista professionale (il tecnico), che ha messo a disposizione le sue competenze, e Irene (il maestro d'arte), che si occupa di seguire le persone inviate dai servizi. “Sono arrivata dall'università in tirocinio curriculare e poi sono rimasta – racconta Irene, che lavora con Eta Beta da circa un anno – Lavorare a contatto con persone fragili significa mettersi in gioco in un contesto diverso da quello per cui hai studiato. La formula che ci ha indicato Giovanna è essere se stessi, oltre che avere qualche attenzione in più. Lavoro con persone con background diversi dal mio ma tutte con le loro capacità. Alcune sono qui da molto tempo e sono io che posso imparare da loro”.
Eta Beta è impegnata anche nello sviluppo del Podere San Ludovico, in via Fantoni (zona Caab), un progetto che rientra nella riqualificazione delle periferie del quartiere San Donato-San Vitale. “Insieme all'azienda O-Way stiamo lavorando per creare un'Accademia dell'olfatto e abbiamo già iniziato la coltivazione delle piante da cui ricavare gli olii essenziali – conclude Bubbico – Attualmente stiamo ospitando un gruppo di studenti provenienti dall'America Latina: studiano il modello di Eta Beta con le sue reti interne ed estene, per capire se possono replicarlo nel loro Paese”.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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