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“76 Anime sorridenti”, storia di ribellioni, cadute e ripartenze

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

Una consuetudine di Sogni&Bisogni è quella di presentare un libro sul tema della salute mentale. Selezioniamo quelli che riteniamo significativi e scriviamo il perché. Questa volta la recensione nasce da una presentazione tenutasi al Provvidone, la casa colonica immersa nella campagna di Sabbiuno di Castelmaggiore e gestita da alcune associazioni di familiari della salute mentale.

Foto 76anime

Una giornata conviviale, seduti a un lungo tavolo preparato sotto la frondosa chioma di un albero. Un pranzo condito da chiacchiere fra utenti e familiari sul più e il meno. Il quotidiano esposto nel racconto di qualche difficoltà e novità importanti. Fra i commensali c’è anche Alberto Bordigoni, l’autore del libro “76 Anime sorridenti” (edizioni SI). Alberto ha l’aria serena di un uomo maturo che porta nel corpo atletico i segni di un grave incidente. Anzi, di due.

La storia che Alberto racconta davanti agli ospiti seduti in circolo è quella di ribellioni, cadute e ripartenze. La sua storia è quella di un giovane ultrà inquieto, arrabbiato, in conflitto con la famiglia che tenta continuamente la fuga verso un altrove, una ribellione che si manifesta, irrazionalmente, col lancio di una molotov contro la serranda di un bar frequentato durante l'apertura da ultrà avversari. Sono gli anni Settanta e la società italiana è percorsa dalla violenza, che raggiunge il parossismo nel terrorismo.

La militanza di Alberto è nella tifoseria calcistica organizzata, forse l’unico movimento rimasto che ancora oggi esprime posizioni politiche attraverso scontri di piazza. Anche se tutti fingono di non accorgersene. La molotov di Alberto, la mano mossa da una rabbia irrazionale, gli costa il carcere. L’esperienza della privazione della libertà, della vita ai minimi termini dentro un luogo di reclusione è la prima di una serie di gravi incidenti che, in modo quasi karmico, costringeranno Alberto a rivivere continuamente l’esperienza del danno, della reclusione, della risalita. La ricostruzione della propria vita dopo il carcere si interrompe a causa di un grave incidente in motocicletta di cui porta ancora i segni evidenti in una gamba. Il calvario dell’ospedalizzazione in un Paese straniero, dove viene curato con sollecitudine circondato dalla sincera amicizia, quasi cameratesca, di alcuni pazienti. L’impossibilità di comunicare in una lingua che non conosce si ripeterà a distanza di anni quando, ripresa con una volontà ferrea la vita quotidiana, viene colto da un ictus. Il coma lo porta risvegliarsi senza memoria. Una rinascita, così la descrive, che lo porta a dovere imparare le informazioni più banali su di sé e il suo passato e a tornare a compiere i gesti più semplici.

L’esercizio della disciplina attraverso abitudini quotidiane e la scoperta della spiritualità per equilibrare la persona fanno di Alberto una persona nuova. Più serena, più ottimista, consapevole che la vita è un esercizio quotidiano da affrontare con decisione.

Una storia ascoltata con grande attenzione dalla piccola comunità di utenti e familiari raccolti in cerchio. Ne nasce infatti un dibattito, un confronto nel quale sorgono obiezioni e si manifestano impressioni sulla salute mentale che confermano la necessità di dover fare ancora chiarezza.

Alberto, un vero guerriero della vita, porta la sua testimonianza con l’ottima intenzione di motivare una platea composta da persone diagnosticate con depressioni maggiori, disturbi bipolari e altri disordini della psiche.

Qualcuno risponde sottolineando come le due esperienze, la rinascita da traumi fisici e neurologici e quella da traumi di natura psichiatrica, siano differenti. Non esiste forza di volontà in una mente prosciugata, fragile, incapace spesso di affrontare i gesti più semplici e automatici. Perché è proprio la volontà a venire colpita più duramente da questi disturbi. Alberto è sorpreso da questa resa incondizionata, espressa da persone che da come si esprimono sembrano professori, esperti, donne e uomini di grande intelletto. E infatti spesso è così. Alle spalle di una vita frantumata dalle sofferenze psichiche esistono formidabili studenti universitari, professionisti in crisi o più semplicemente madri e padri pieni di amore e pazienza. Questo è forse lo specchio del pregiudizio di chi ritiene, in buona fede, che il malato psichiatrico sia una persona difettosa nell’intelligenza.

Il confronto è serrato e prende la forma pacata di precisazioni che non sono rivendicazioni, ma dolenti consapevolezze del proprio male e delle sue limitazioni, quasi sempre difficili da superare. Ma non impossibili.

Ci si accomiata da Alberto con strette di mani piene di ammirazione per l’uomo che ha combattuto e continua a combattere una vita particolarmente accidentata, sapendo rinascere ogni volta nuovo e più forte. Basterebbe solo un pizzico di questa forza a molte delle persone presenti per riuscire a modificare piccoli gesti quotidiani come prendere le medicine con regolarità, avere il coraggio di uscire di casa per partecipare a momenti di confronto e socializzazione, affrontare le ansie e gli stress che il lavoro, per chi ce l’ha, comporta. Ma non è detto che con l’aiuto di familiari, amici, volontari, operatori non si riesca a fare piccoli cambiamenti che rappresentano passi da gigante in quel percorso, definito “recovery”, verso una vita percepita come di nuovo interessante, attiva, dignitosa.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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