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Lavoro e disabilità, il collocamento mirato non è l'unica soluzione

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

Il Dipartimento di Salute Mentale-Dipendenze Patologiche dell’AUSL di Bologna si interessa da tempo del tema degli inserimenti lavorativi degli utenti dei Centri di Salute Mentale.

Articolo Trono

Referente è il dottor Vincenzo Trono, che negli anni ha maturato una visione d’insieme complessa su quanto si è tentato di fare a livello nazionale e locale e quali correttivi sono stati necessari a uno strumento, quello del collocamento mirato, che sembra essere un percorso in itinere più che una risposta definitiva al problema del lavoro per gli utenti. Questo tema è disciplinato da una legge nazionale, la 68/99, che nel tempo ha mostrato la necessità di integrazioni operative.

Il nostro presupposto è che la legge 68 rappresenti una delle opportunità di inserimento lavorativo e non l'unica soluzione; oltre ai tirocini inclusivi, ai tirocini formativi e alla formazione professionale previsti dalla legge 68 e dalla legge Regionale 14, come DSM-DP di Bologna abbiamo puntato sull’Individual Placement and Support (IPS). Lo abbiamo dovuto introdurre proprio per risultati non entusiasmanti degli inserimenti lavorativi tradizionali tra cui anche il collocamento mirato".

Ricordiamo brevemente quali sono le attività d'inserimento lavorativo promosse dal DSM DP di Bologna attraverso le parole del dottor Trono: “Quindici operatori IPS specializzati, insieme a 25 mediatori al lavoro (educatori professionali), svolgono un ruolo importante: i primi nella direzione della collocazione lavorativa con assunzione nel libero mercato (circa 200 all'anno), i secondi di mediazione fra utente e azienda per mettere in luce le capacità dell’individuo e aiutare a vederlo non come problema ma come risorsa". I numeri prodotti sul territorio sono rilevanti: sono circa 1200 all’anno le persone in carico ai CSM di Bologna seguite nei percorsi lavorativi in generale. Di questi 150 usufruiscono dei percorsi regionali, una parte del collocamento mirato (circa una novantina) mentre i restanti rientrano nei posti assegnati attraverso la legge regionale 14. In entrambi i casi parliamo di tirocini inclusivi e formativi, della durata di 6 mesi, e dei corsi di formazione professionale. “Gli operatori che seguono l’utente sui percorsi regionali redigono una valutazione iniziale e una finale che testimoni l’andamento del percorso. Gli assunti nel corso dell’anno sono una decina”.

Una falla della legge 68, che involontariamente pone il fianco allo stigma del disabile mentale, risiede nell’articolo 9. “Il datore di lavoro sceglie il lavoratore con disabilità psichica solo con la chiamata nominativa. Possono perciò decidere chi scartare in base al tipo di disabilità e purtroppo il disagio psichico è visto spesso come condizione disturbante, inadeguata all’impegno lavorativo".

Ma il percorso in itinere del collocamento mirato potrebbe portare nuovi strumenti utili a stimolare i datori di lavoro a rivedere i pregiudizi nei confronti delle persone con disturbi mentali. In questo senso la legge delega in materia di disabilità 227 del 2021 prevede l’istituzione di un garante che tuteli i diritti attraverso la raccolta delle denunce di discriminazioni sul lavoro e altre criticità. “Inoltre - aggiunge il dottor Trono - la valutazione attraverso l’ICF (Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità permetterà di superare la sola valutazione clinico-diagnostico, introducendo l'analisi del completo funzionamento personale e sociale della persona disabile. I Servizi del collocamento mirato avranno migliori e più oggettivi elementi per impostare il percorso di inserimento formativo e lavorativo, evitando quelle semplificazioni legate all'etichetta di utente psichiatrico e causa dello stigma pregiudiziale da parte dei datori di lavoro". L’ICF infatti classifica il funzionamento sociale, le abilità lavorative, la formazione che si possiede a prescindere dal disturbo diagnosticato.

Al di là quindi dei correttivi territoriali che associazioni e istituzioni possono apportare per migliorare l’accesso al diritto primario del lavoro, si spera che la legge delega veda un percorso che ne favorisca l’attuazione per garantire un più equo accesso dei disabili al lavoro.


Tags: utenti, lavoro, IPS


 

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