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Qual è il grado di umanizzazione nei servizi di salute mentale? I risultati dell'indagine dell'Ausl

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Laura Pasotti, redattrice di Sogni&Bisogni

È possibile valutare il grado di umanizzazione all’interno di un servizio, quale il Dipartimento di Salute Mentale, nel quale all’efficacia terapeutica si affianca un alto livello di contenuto relazionale?

Articolo indagine

Il tentativo è stato messo in pratica fra il 2020 e il 2022 all’interno dell’Azienda USL di Bologna tramite l'uso di una metodologia consolidata a livello nazionale, che ha consentito di valutare aspetti cruciali del servizio in relazione ai programmi di ricovero in fase acuta, di recovery e di continuità assistenziale con il territorio.

Il supporto psicologico, i programmi di non contenzione, la progettazione condivisa dei piani terapeutici, il benessere e il comfort delle persone nei luoghi di cura che frequentano sono alcune delle dimensioni valutate dall'indagine dell'Azienda Usl di Bologna che ha visto i Comitati Consultivi Misti (CCM) come principali promotori del progetto in 9 strutture sanitarie e socio-sanitarie del Dipartimento di salute mentale di Bologna. L'obiettivo? “Sviluppare azioni di miglioramento sulla base della valutazione degli elementi di umanizzazione in quei servizi”, spiega Vittoria Sturlese dell'Unità Operativa Qualità, Accreditamento e Relazioni con il cittadino (UOQuARC) dell'Ausl di Bologna che ha seguito il progetto.

Sono state visitate 9 strutture: due Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC) l'Ottonello presso l'Ospedale Maggiore e San Giovanni in Persiceto, i Centri di salute mentale (CSM) Saragozza, San Donato-San Vitale e Appennino bolognese, e quattro residenze: Olmetola, Gaibola, Bosco dei Grilli e Grillo Parlante.

Da anni il Comitato consultivo misto dell'Azienda Usl conduce visite nelle diverse strutture sanitarie. “In seguito ad alcuni segnali di disservizio rilevati visitando l'SPDC del Malpighi, il CCM ha deciso di estendere le visite ad altre strutture – spiega Sturlese – Inoltre, le associazioni del CUFO avevano già svolto tra il 2017 e il 2018 un'indagine tra utenti, familiari e operatori di alcune residenze psichiatriche da cui erano emersi segnali di criticità”. Da qui l'esigenza di creare un progetto di ricerca su più strutture del DSM per verificare eventuali segnali di malfunzionamento.

Il metodo e gli strumenti di valutazione
La valutazione si è svolta in due fasi: l'analisi dei documenti e l'osservazione sul campo, entrambe fatte da équipe miste formate da componenti dei Comitati consultivi misti e del CUFO, da utenti esperti (ESP) e da professionisti del DSM-DP. “Ognuno ha portato il suo sapere, un sapere esperto dell'organizzazione e un sapere esperto dell'utente che usa il servizio. E lo scambio di questi saperi ha creato un valore aggiunto”, spiega Sturlese.

Per la valutazione è stata utilizzata una checklist di indicatori creata dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali nell'ambito di un progetto di valutazione partecipata del grado di umanizzazione. Dato che l'indagine ha interessato tre tipologie diverse di struttura – SPDC, CSM e residenze – sono stati sviluppati tre strumenti di valutazione con indicatori specifici: un SPDC è assimilabile a un reparto di ricovero ospedaliero e ha determinati elementi da valutare; un CSM ha funzioni diverse e una ricchezza di compiti che richiedono lo sviluppo di altri indicatori come, ad esempio, i progetti riabilitativi, le politiche di recovery e la continuità assistenziale dalla presa in carico fino al ricovero in SPDC e l'eventuale trasferimento in struttura.

Sulle residenze le équipe hanno cercato di osservare gli elementi di benessere fisico, psichico, sociale e ambientale relativi allo stare per molto tempo, spesso per tutta la vita, in una struttura. Non sono stati valutati solo gli aspetti di comfort ma anche la possibilità di fare attività ricreative o riabilitative e di instaurare relazioni con il mondo esterno.

Sono 4 le aree in cui è suddivisa la checklist: processi assistenziali organizzativi orientati al rispetto della specificità della persona, accessibilità e vivibilità della struttura, accesso alle informazioni e cura della relazione con l'utente e con il cittadino. “L'obiettivo non è consistito nel fare confronti tra strutture ma creare un valore medio per ogni indicatore, poi ogni struttura potrà leggere i suoi dati e verificare cosa funziona e cosa invece va migliorato”, spiega Sturlese.

Si possono portare animali da compagnia in una struttura ospedaliera?
Due temi emersi dalla valutazione della checklist per gli SPDC riguardano la presenza di un regolamento per disciplinare la presenza di animali da compagnia e l'esistenza di una procedura per la disposizione anticipata di trattamento (DAT), un tema sensibile nella salute mentale. “Il primo è un regolamento che la Regione ha chiesto da anni alle strutture ospedaliere ma i professionisti dei 2 SPDC visitati ci hanno detto di non conoscerlo – spiega Sturlese – In realtà, il regolamento c'è, ma non è applicato all'interno della struttura. Sembra una sciocchezza ma la possibilità di far entrare un animale da compagnia in un ospedale è un elemento di umanizzazione”.

Anche nel caso della DAT, il regolamento esiste ma non sono state trovate evidenze sulle modalità di applicazione. “Ne è nata una discussione per capire come applicare quanto previsto nel regolamento aziendale sul consenso informato nelle diverse realtà, ad esempio negli SPDC dove le persone arrivano spesso in fase acuta ed è previsto il Trattamento sanitario obbligatorio come pratica terapeutica necessaria”, spiega Sturlese.

La scarsa accessibilità delle informazioni e la mancanza di reclami
Due temi trasversali agli SPDC e ai CSM emersi dal report delle visite riguardano la scarsa accessibilità delle informazioni sui servizi di salute mentale sul sito web dell'Ausl e il basso numero di reclami presentati da utenti in relazione a questi servizi. “La gestione di un sito richiede strumenti, risorse, personale competente e un aggiornamento continuo per garantire informazioni puntuali a chi accede – spiega Sturlese – L'Ausl ha quindi scelto di rimandare chi cerca informazioni alla Guida ai servizi della Regione Emilia-Romagna. Ma anche lì non si trova tutto e spesso le ricerche di informazioni sui servizi di salute mentale tramite Google approdano al sito di Sogni&Bisogni. Per questo motivo le équipe hanno chiesto di adottare delle modalità che consentano di valorizzare le informazioni presenti sul sito di Sogni&Bisogni all'interno del sito dell'Ausl”.

L'altro tema emerso è quello del basso numero di reclami degli utenti. A livello regionale esiste dal 2004 un sistema di rilevazione delle segnalazioni tramite il quale vengono inseriti e classificati dagli Uffici relazioni con il pubblico i reclami presentati in forma scritta dagli utenti.

Dall'indagine risulta invece che nel DSM non si presentano reclami. “Ci è sembrato strano e ci siamo chiesti come mai – dice Sturlese – La risposta che ci hanno dato è che nella salute mentale la relazione con l'utente è così individualizzata che gli elementi di insoddisfazione vengono esplicitati nel colloquio con il professionista e casomai risolti in quell'ambito”.

Cittadini e familiari del CUFO hanno però evidenziato che potrebbe esserci una renitenza a segnalare eventuali disservizi o insoddisfazioni perché essendo la relazione terapeutica non episodica ma di lunga durata probabilmente si ha paura di essere stigmatizzati dal servizio.

La ricerca di una soluzione ha portato a una serie di proposte per un sistema alternativo di segnalazione dell'insoddisfazione: momenti di incontro collettivi nei CSM, indagini che garantiscano l'anonimato come ad esempio la somministrazione di un questionario di qualità percepita, in forma anonima.

La mission dei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura
Dall'indagine sui due SPDC, Ottonello e San Giovanni in Persiceto, è emersa la diversa mission che i due servizi portano avanti. “San Giovanni è una realtà piccola, provinciale, in cui da anni viene portata avanti la cultura della non contenzione – spiega Sturlese – Una scelta resa possibile dal tipo di casi accolti e dall'investimento fatto dall’equipe di professionisti che hanno sposato un modello in cui la fase critica è gestita con strumenti finalizzati alla de-escalation del conflitto”.

All'SPDC Ottonello la situazione è un po' diversa. Si tratta di un servizio metropolitano in una città, Bologna, da cui transitano moltissime persone e dove la casistica, anche tra i residenti, raccoglie grosse sacche di fragilità socio-economica e target di utenza non propriamente psichiatrica (caratterizzata cioè da dipendenza da sostanze o alcol e quindi da alta aggressività).

La cultura organizzativa dell'Ottonello prevede la possibilità di usare misure di contenzione come extrema ratio perché non si può fare altrimenti – dice Sturlese – Non stiamo facendo un confronto né dicendo che un servizio è buono e l'altro no perché è un tema da affrontare nella sua complessità. Piuttosto, abbiamo cercato di capire quale sinergia si può creare tra le prassi sviluppate dalle due strutture, anche insieme alle forze dell'ordine per pervenire a una migliore gestione di tale fenomeno”.

La situazione strutturale
L'area 2 della checklist riguarda gli aspetti strutturali, l'accessibilità fisica, la presenza di barriere architettoniche e sensoriali, il comfort e la vivibilità. In pratica, si è valutato quanto l'ambiente è inclusivo e favorisce il benessere di pazienti, operatori e visitatori, facilitando l'orientamento, rendendo riconoscibili gli ambienti e permettendo di muoversi in autonomia e sicurezza.

I due SPDC sono strutture relativamente nuove dove le stanze hanno al massimo due posti letto. Nella struttura di San Giovanni in Persiceto, ad esempio, ci sono anche camere singole e c'è un'area esterna che viene utilizzata dai pazienti. “All'Ottonello invece il giardino esterno pur essendo molto bello è poco valorizzato per la vicinanza dell'eliporto da cui è separato da un muretto basso che, in qualche occasione, gli utenti hanno cercato di scavalcare – spiega Sturlese – Si è scelto di chiudere il giardino ma forse si potrebbe trovare una modalità di gestione diversa che, tramite accompagnamento di un operatore, lo renda nuovamente fruibile anche con l'inserimento di panchine e di spazi dedicati all'ortoterapia”.

Nel CSM Saragozza – da poco trasferito nella Casa della salute Porto-Saragozza – è stata rilevata una scarsa attenzione alla segnaletica esterna di orientamento: chi entra da Sant'Isaia fatica a trovare le indicazioni per il Centro di salute mentale. “Sono stati quindi forniti suggerimenti, tra cui quello di valorizzare l'ingresso da viale Pepoli che porta direttamente al CSM, che hanno consentito al Dipartimento tecnico e patrimoniale dell'Ausl di intervenire subito”.

Nel CSM Zanolini il problema principale è il fatto di essere un edificio protetto dai Beni culturali, elemento che limita qualsiasi intervento. Inoltre, c'è una forte mancanza di parcheggi nell'area circostante sia per gli utenti sia per gli operatori.

Nel CSM Appennino a Vergato è stato rilevato un buon livello di qualità strutturale. “Insieme alle associazioni degli utenti è stato aperto un centro polifunzionale, fornito dal Comune e arredato dall'Ikea, dove si organizzano attività di riabilitazione e recovery, cucina, lavanderia, e sono stati creati piccoli posti di lavoro per gli utenti – racconta Sturlese – Il problema in Appennino è avere i servizi sparpagliati sul territorio e gli utenti lontani, per questo si è scelto di valorizzare molto di più le visite a domicilio”.

Come si sta nelle residenze?
Sono quattro le residenze visitate dalle équipe multidisciplinari: Olmetola, Gaibola, Bosco dei Grilli e Grillo Parlante.
Le criticità maggiori sono state rilevate a Olmetola, la comunità alloggio che si trova all'interno del parco comunale di Villa Bernaroli a Borgo Panigale. Qui sono accolte persone maggiorenni in carico ai CSM con problematiche psichiatriche medio-gravi e bisogni nell'area del supporto educativo, sociale e della riabilitazione di mantenimento, senza necessità di assistenza sanitaria. “Le caratteristiche strutturali e di manutenzione lasciano a desiderare, ci sono bagni malfunzionanti, muri esterni scrostati, escrementi di piccione sui davanzali”, racconta Sturlese.

L'attuale gestore, Scacco Matto, il cui obiettivo è un modello che punta all'autonomia della persona, è entrato nella struttura ad agosto 2021: “La cooperativa sociale uscente se ne è andata senza fare il passaggio di consegne sulla documentazione per la qualità, che Scacco Matto ha dovuto ricostruire da zero”. Da quando è stata effettuata la visita, l'Ausl è intervenuta per le problematiche strutturali e di igiene pubblica più urgenti (la sistemazione dei bagni) e per assistere Scacco Matto nel ricostruire la documentazione per la qualità. È stata riallestita la cucina interna per dare la possibilità agli utenti di cucinare ed è stata assunta una persona per aiutare gli utenti nelle pulizie.

Durante la visita a Bosco dei Grilli, la casa protetta situata a San Benedetto Val di Sambro, è emerso il tema delle persone con problematiche psichiatriche over 65. La residenza ospita persone anziane ma anche alcuni pazienti con problemi di salute mentale che hanno superato i 65 anni rispetto ai quali le problematiche psichiatriche si sono cronicizzate e quelle di natura internistica sono prevalenti. “I gestori sono accoglienti e garantiscono un buon livello di personalizzazione delle attività di cura e assistenza – spiega Sturlese – Gli ambienti interni sono gradevoli, ma non si può dire la stessa cosa dell'esterno”. L'edificio era un hotel di tre piani in cui solo alcuni vengono utilizzati per i residenti: i servizi sono gestiti dalle cooperative Seges e Ambra, mentre il proprietario dell'edificio è un privato. Tale triangolazione non facilita le opere di miglioramento strutturale, nonostante Seges e Ambra ne abbiano fatto richiesta in più occasioni.

La comunità alloggio Grillo Parlante di Vedrana di Budrio si rivolge a persone adulte con disabilità psichica medio-grave che necessitano di supporti terapeutici, assistenziali e riabilitativi specifici. È gestita dalla cooperativa Ambra di Reggio Emilia (che è stata incorporata dalla Proges di Parma) e “presenta alti livelli di personalizzazione e di cura verso il residente dal punto di vista assistenziale e relazionale. Inoltre, è una struttura gradevole alla vista e alla fruizione, ha uno spazio per svolgere laboratori e consente agli ospiti di personalizzare la propria stanza”.

Gaibola è una residenza socioriabilitativa gestita da AssCoop: aperta nel 1999 sui colli bolognesi vicino a Villa Ghigi (i proprietari sono i frati dell'Eremo di Ronzano), si è trasferita in via Campagnoli, a Corticella. “Dopo aver visitato la sede sui colli, siamo andati in quella nuova – racconta Sturlese – e ci sembra che la criticità principale della vecchia struttura ovvero l'assenza di contatti sociali con l'ambiente urbano, sia stata superata: ora i residenti possono fare attività nel quartiere ed essere più autonomi. L'ambiente è gradevole, c'è un'ampia cucina, una biblioteca-salotto e una stanza per i laboratori. I gestori mettono molta cura nella relazione con gli utenti e sono alla ricerca di relazioni con realtà simili nel quartiere”.

Come utilizzare i risultati di questo progetto?
Dopo la diffusione dei risultati, sta iniziando la predisposizione delle azioni di miglioramento, obiettivo principale del progetto. “In questa fase – conclude Sturlese – al gruppo di progetto si sono aggiunti i professionisti della Direzione del DSM DP e dell'area direzione tecnica, assistenziale e infermieristica, che si occupa della qualità dei percorsi, per progettare azioni di miglioramento”. A partire dall'analisi delle azioni di miglioramento proposte nel report verrà individuata una scala di priorità in base al tempo richiesto per la realizzazione, alla sostenibilità economica e alla fattibilità. Si svilupperà poi un progetto di miglioramento, individuando le responsabilità nella realizzazione e nella verifica, che avverrà a 6, 9 o 12 mesi di distanza, a seconda della consistenza e dei tempi stabiliti per i singoli progetti.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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