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Covid e scuola, una generazione sospesa

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Mirella Coiro, segretaria dell'Associazione AITSaM

Come state, bambini? Domanda di rito con cui aprivo le mie lezioni scolastiche fino allo scorso anno quando ero ancora docente di una bella scuola primaria nel territorio di Valsamoggia, a Crespellano. Occhi assonnati ma sorridenti, sguardi curiosi e fieri in cui la mascherina, talvolta un po’ grande, tentava malamente di coprire.

Bambini in classe
Di corsa ad aprire lo zaino, a tirar fuori l’astuccio, a riporre sul banco il libro e il quaderno di turno, tutto molto velocemente, come se qualcuno in qualche modo avesse potuto rallentare il loro rito quotidiano di nuovo piacevolmente condiviso nella classe che, per alcuni mesi, era andata in letargo obbligato.

Mani sanificate, temperatura normale e via... erano pronti!

Un coro più o meno composto mi confermava il loro star bene e il desiderio di ritrovarsi insieme ogni mattina, dopo aver provato per lunghi mesi durante la DaD, la didattica a distanza, cosa significava la chiusura all’interno delle proprie case. Nuovi vocaboli erano sulla bocca di tutti: DPCM, lockdown, pandemia, bollettini, contagi, vaccini e quant’altro affollavano le loro menti, le loro paure e l’angoscia degli adulti intorno.

La voglia di normalità, la quotidianità in qualche modo quasi ritrovata, la sicurezza di rivedere i compagni di scuola, le maestre, i collaboratori... erano tangibili e ben evidenti. Ho visto i miei alunni, oggi alle medie, piuttosto cresciuti dopo la chiusura interminabile, troppo riflessivi e lungimiranti, ricchi di propositi e di grandi intenzioni che la loro giovane età rendeva quasi disarmante.

Quanto era mancata la scuola, quella vera, quella in cui si impara divertendosi, si gioca, si ride, si litiga.

Quanto accaduto, quanto stava continuando ad accadere li aveva profondamente colpiti: la loro vita, le nostre vite sono decisamente cambiate.
Ma non voglio soffermarmi a parlare solo ed esclusivamente di pandemia... persone molto più autorevoli di me hanno analizzato il fenomeno, discorsi pedagogici più o meno espliciti si sono succeduti nell’evidenziare le implicazioni dei nostri bambini penalizzati e la sofferenza derivante.

Il tenersi sempre a distanza dagli altri, seguire le lezioni su PC o tablet, rinunciare a momenti di socialità come le gite scolastiche o l'intervallo ha provocato un grave impoverimento delle relazioni sociali dei più piccoli, modificando il loro percorso di crescita. Qualcuno ha scritto che sono 734mila i bambini nati in Italia durante la cosiddetta “epoca covid”, 876mila coloro che frequentavano già la scuola dell’infanzia e che a causa della pandemia hanno vissuto quest’esperienza in maniera frammentata e discontinua. Gli alunni in scuola primaria sono 1 milione e mezzo, mentre 1 milione e 600 mila studenti al primo anno delle medie e 1 milione e 707 mila adolescenti all’ingresso delle superiori, hanno iniziato i nuovi cicli di studio affrontando maggiori difficoltà di ambientamento e costruzione delle relazioni con i nuovi insegnanti e compagni.
Nel 2020 e fino all’ottobre 2021, 734mila neonati sono venuti al mondo circondati da adulti spesso coperti in volto dalle mascherine e, fatta eccezione per periodi in cui le misure di contenimento della pandemia sono state allentate, hanno vissuto in un mondo chiuso e proiettato all’interno dei nuclei familiari. Hanno percepito a volte le tensioni dei genitori per la salute e le difficoltà da affrontare e, soprattutto per i bambini nati nei contesti più svantaggiati, sono venuti a mancare degli importanti stimoli che avrebbero potuto ricevere da una dimensione sociale più allargata.

La preclusione della dimensione sociale è stata particolarmente difficile per i 31mila bambini e bambine con qualche forma di disabilità di questa fascia d’età che, in diverse fasi hanno dovuto rinunciare alle relazioni fondamentali con i coetanei e con gli educatori. In un percorso già denso di ostacoli, 110mila minori di origine straniera tra i 3 e i 6 anni sono stati più esposti al rischio di deficit di opportunità di integrazione, a causa della scarsa pratica della lingua italiana all’interno del nucleo familiare”.

Sono questi i numeri della cosiddetta “generazione sospesa” nel limbo del covid, una generazione di bambine, bambini e adolescenti che, in un silenzio assordante, ha fatto negli ultimi anni ciò che l’essere umano sa fare in qualche modo meglio: adattarsi.

La perdita di relazioni con i pari, la sovraesposizione alla rete Internet, la riduzione dell’attività fisica hanno pesato sulle loro fondamentali fasi di crescita e sviluppo.

Considerazioni che pesano come un macigno.

Vorrei in questo mio semplice scritto esprimere i sentimenti che affollano la mia mente, le mie preoccupazioni, le mie sensazioni che spesso affiorano in un groviglio poco ordinato quando mi si chiede di parlare di loro, dei bambini appunto, come in questo caso, e offrire per quanto mi sia possibile piccoli spunti che nascono un po’ dalla mia esperienza sul campo e, per questo, desidero avvalermi dei principi fondamentali che la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia che poggiano su quattro cardini fondamentali:

1. Il diritto alla parità di trattamento
Nessun bambino deve essere discriminato a causa del sesso, dell’origine, della cittadinanza, della lingua, della religione, del colore della pelle, di una disabilità o delle sue opinioni politiche.

2. Il diritto alla salvaguardia del benessere
Quando occorre prendere decisioni che possono avere ripercussioni sull’infanzia, il benessere dei bambini è prioritario. Ciò vale in seno a una famiglia tanto quanto a livello statale.

3. Il diritto alla vita e allo sviluppo
Ogni bambino deve avere accesso all’assistenza medica, poter andare a scuola, ed essere protetto da abusi e sfruttamento.

4. Il diritto all’ascolto e alla partecipazione
Tutti i bambini, in quanto persone a pieno titolo, devono essere presi sul serio e rispettati. Ciò significa anche informarli in modo conforme alla loro età e coinvolgerli nelle decisioni.

Mi chiedo quanto questi diritti siano rispettati. Di quel rispetto vero, però, concreto, tangibile e non di prassi e di retorica condite.
Dobbiamo impegnarci tutti, rifletto, affinché questi diritti siano sempre alla base dei nostri pensieri e possiamo farlo attraverso un impegno congiunto e coordinato del Servizio Sanitario Nazionale e di quello socioeducativo, poiché solo attraverso un’azione sinergica, che veda protagoniste anche le famiglie, il terzo settore e il mondo dello sport, sarà possibile prevenire effetti di lungo periodo su un'intera generazione.

Il vivere esperienze educative di qualità può rafforzare soprattutto l’autostima e la motivazione.

È difficile spiegarlo ma spesso anche solo uno sguardo, una frase benevola, la parola di un adulto, fiduciosa, chiara ed equilibrata possono fare la differenza, possono sviluppare quell’empatia e quella capacità di affrontare e superare eventi difficili, quella capacità che oggi si chiama resilienza e di cui spesso a scuola avevamo parlato. Figure come Bebe Vio avevano particolarmente interessato i miei alunni: l’atleta paralimpica, simbolo della tenacia e capacità di superare le difficoltà che la vita ci pone davanti, li aveva profondamente colpiti.

La resilienza una volta la si chiamava “forza d´animo”, Platone la nominava “tymoidés” e indicava la sua sede nel cuore.
Il cuore è l´espressione metaforica del sentimento, il sentimento non è languore, non è malcelata malinconia, non è struggimento dell´anima, non è sconsolato abbandono. Il sentimento è forza. Quella forza che riconosciamo al fondo di ogni decisione quando, dopo aver analizzato tutti i pro e i contro che le argomentazioni razionali dispiegano, si decide, perché in una scelta piuttosto che in un'altra ci si sente a casa. E guai a imboccare, per convenienza o per debolezza, una scelta che non è la nostra, guai a essere stranieri nella propria vita.
La forza d´animo, che è poi la forza del sentimento, ci fa sentire a casa, presso di noi. Qui è la salute.
Di forza d´animo abbiamo bisogno soprattutto oggi perché non siamo più sostenuti da una tradizione, perché sembrano rotte le tavole dove erano incise le leggi della morale, perché si è smarrito il senso dell´esistenza e incerta s'è fatta la sua direzione. La storia non racconta più la vita dei nostri padri, e la parola che rivolgiamo ai nostri figli è spesso insicura e incerta”.

Quindi , forza bambini. Forza!

Voi siete primavera: siete il sole al mattino e aria leggera, siete rondini in volo, sinfonie di grilli al calar della sera, gemme di pesco e nuvole rosa…

Come state oggi, bambini?




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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