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L'assistenza tra pari: le prospettive del progetto Esp

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

Il progetto ESP, acronimo per Esperti in Supporto fra Pari, è giunto a una fase importante, quello del riconoscimento di questo ruolo non solo come significativo per gli utenti che ne fanno parte sia in ottica di recovery personale e di aiuto fra pari per alleviare la sofferenza dei disturbi attraverso un ascolto attento e conseguenti suggerimenti per affrontarla; ma anche quella del riconoscimento “professionale” del sapere esperienziale che si pone a fianco del sapere professionale degli operatori.

Foto Guzzetta

Abbiamo trattato questo specifico argomento, attuale perché sotto il vaglio del ministero della Salute che dovrà interfacciarsi con quelli del Lavoro e Politiche sociali congiuntamente a quello dell’Istruzione, Università, Ricerca. A rispondere alle nostre domande è stata la dottoressa Francesca Guzzetta, dirigente medico psichiatra e responsabile del progetto ESP per l’AUSL di Bologna, che ci ha fornito commenti e considerazioni a riguardo. “In teoria esistono delle agenzie per il collocamento per persone con fragilità, rivolte alle cosiddette categorie protette, cioè persone con una invalidità riconosciuta”, ricorda la dottoressa. Il problema è riuscire a fare comprendere alle aziende, ai datori di lavoro il valore etico e sociale della scelta di inserire una persona con disabilità mentale. “I nostri operatori di IPS (Individual Placement and Support) si interfacciano con i datori di lavoro per affrontare le problematiche che potrebbero sorgere durante l’esperienza lavorativa” e questo intervento, oltre a spiegare le ragioni delle difficoltà che si possono riscontrare sul lavoro dovrebbe contribuire alla formazione di una cultura consapevole su come affrontare la peculiarità del dipendente affetto da un disturbo. “L’unico problema è che con l’intervento dell’operatore IPS la privacy della persona decade” per l’ovvia ragione che l’operatore deve rivelare le cause di quella difficoltà riscontrata nello svolgimento del lavoro. Cioè le caratteristiche del suo disturbo.

Questo il quadro delle difficoltà (gravi, sia per l’accesso al lavoro che per il suo mantenimento) che risultano alla base della grande percentuale di disoccupazione fra le persone con disturbi mentali. Le reti di Esperti di Supporto fra Pari (ESP) distribuite in alcune zone del territorio italiano, oltre a promuovere la valorizzazione del sapere esperienziale nell’ottica di percorsi orientati alla recovery, intendono dare anche una risposta a una cronica mancanza di opportunità dovuta allo stigma della malattia mentale. Innanzitutto gli ESP non sono solo utenti della Salute Mentale: possono formarsi anche familiari e portatori di altre disabilità. “Ci sono ESP presso la struttura di Montecatone, che accoglie disabili con problemi motori gravi e offrono la loro esperienza agli altri disabili”. Una situazione dove il termine “resilienza” si traduce in pratica attraverso un supporto di un proprio pari in grado di rafforzare la volontà e sciogliere l’angoscia e la sofferenza di chi ha perso l’uso degli arti. Questo, spiega la dottoressa Guzzetta, è un caso che dimostra come la rete ESP non sia limitata al mondo della Salute Mentale e come, d’altro canto, la testimonianza dell’efficacia di questa esperienza per chi è costretto su una sedia a rotelle sia più comprensibile all’opinione pubblica.

“In Inghilterra in Francia e in Germania il sistema sanitario finanzia l’inclusione degli ESP dentro i Servizi Sanitari Nazionali. Negli States il Medicaid, l’assicurazione pubblica sanitaria, paga l’ESP”. Da più di vent’anni si è in sostanza compresa all’estero l’importanza di sostenere un progetto che, visti i tempi di applicazione, ormai ha ben poco di sperimentale. L’Italia però è ancora arretrata. “Allo stato attuale l’ESP lavora con l’attribuzione di un tirocinio inclusivo o addirittura con il volontariato. Nel caso dell’Emilia-Romagna può essere assunto dalle cooperativa sociosanitarie. L’obiettivo è di allinearsi alle esperienze estere, fare entrare l’ESP come figura e ruolo a pieno titolo. Una figura che ha l’aspirazione di essere inserita a pieno titolo all’interno delle professioni socio-sanitarie".

A fare il punto sulle esperienze italiane mutuate da quelle estere, ma finora nate spontanee e organizzatesi autonomamente, è stata la prima conferenza sugli ESP tenutasi nel settembre 2021 Webinar, dove tutte le parti in causa (istituzioni, operatori, familiari, associazioni, utenti) hanno discusso al fine di trovare gli elementi caratterizzanti delle singole esperienze con l’obiettivo di individuare i punti ritenuti imprescindibili per definire un percorso ESP comune. Da qui la nascita della Prima Carta Nazionale Esperti in Supporto tra Pari in Salute Mentale e del Documento di Consenso della Prima Conferenza Nazionale. “La carta è la sintesi dei punti fondamentali del documento di consenso, che a sua volta ha ripreso gli elementi più importanti emersi durante la conferenza nazionale, che come obiettivo ha avuto quello di fare rete e dare uniformità alle realtà italiane che erano strutturate in maniera diseguale”. La carta è stata presentata al ministro Speranza e, attraverso un recente incontro di una delegazione, è stata recepita dalla ex sottosegretaria Sandra Zampa che ha incaricato di iniziare un percorso di discussione e attuazione al dottor Giuseppe Salamina, consulente studio e ricerca della direzione generale prevenzione del ministero della Salute.

I passi successivi dovrebbero essere quelli della creazione di un tavolo di lavoro per una definizione univoca del ruolo dell’ESP, del percorso di formazione dell’utente per acquisire tutte le competenze necessarie e affrontare finalmente il problema della qualifica”. Quest’ultimo punto delicato necessita del coinvolgimento dei ministeri della Sanità, del Lavoro e dell’Istruzione. “La barriera più importante è includere il sapere esperienziale quale competenza imprescindibile al fine di ottenere la qualifica”. Un curioso cortocircuito indica come discriminazione una professionalizzazione basata su una disabilità. “In Emilia-Romagna si è riusciti a soprassedere includendo l’ESP nel ruolo di orientatore”, il famigerato navigator. E ancora ci racconta la dottoressa Guzzetta: “A Bolzano hanno superato mutuando un corso per ESP tedesco recependone modalità e organizzazione e consentendo all’azienda USL di assumere i diplomati”.

A questo punto, fra esperienze estere ed eccezioni italiane, fra regolamenti virtuosi e paradossi normativi, il dottor Giuseppe Salamina dovrà lavorare per creare una qualifica nuova con l’obiettivo importantissimo di creare un nuovo ambito di lavoro (e oltre che dare valore istituzionale a un elemento utile alla recovery) per gli utenti della Salute Mentale. “Essere ESP è fondamentale per chi riceve ma anche per chi dà”, conclude la dottoressa Guzzetta. “I familiari hanno contribuito a creare delle sinergie e aiutare gli utenti nel portare avanti le proprie istanze. La sfida è di tenere unite tutte le parti che ogni giorno arricchiscono, costruiscono e aiutano a progettare il servizio in modo sempre più completo. I familiari sono i principali caregiver ed è per questo che il loro è un punto di vista imprescindibile. Chi fa l’ESP partecipa a una tappa importante utile alla recovery”. Unico requisito è essere portati a ricoprire questo ruolo di ascolto attento, di dialogo mai invadente, di conforto privo di protagonismo. “Chi fa l’ESP lo fa perché gli piace farlo e sente di potere dare un contributo importante”. Forse il dare sentendosi riconosciuti nel proprio ruolo è il segreto della serenità.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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