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Passo Passo si è tornati a socializzare

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Sarah Scivales, Educatrice professionale del Centro Rondine, in collaborazione con NPIA DSM/DP AUSL DI BOLOGNA E CONSORZIO INDACO

Ottobre 2021: la collaborazione tra l’Associazione Passo Passo, il Consorzio Indaco e l’Azienda AUSL ha inaugurato le adesioni al progetto “Weekend e giornate risocializzanti”. Si tratta di attività di comunità dei progetti P.A.C.o. che si tengono a San Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna.

Articolo passo socializzare

Il progetto ha permesso a gruppi di adolescenti guidati da due professionisti del settore educativo di passare delle giornate insieme, volte all’aumento dell’autonomia nel restare fuori casa, lontano dalla propria famiglia. In due fine settimana, uno a fine novembre e l’altro a dicembre dal sabato alla domenica, si è lavorato maggiormente sulla responsabilizzazione delle attività quotidiane e sulla gestione della casa.

Durante gli incontri ho conosciuto i ragazzi, i loro interessi, le loro paure e i loro punti di forza. D’altra parte, anche loro, nei miei confronti, hanno pian piano dimostrato motivazione e fiducia verso questa nuova esperienza.

I weekend di autonomia, si sono svolti a seguito di una serie di incontri durati cinque ore ciascuno, durante i quali ho avuto la possibilità di conoscere i partecipanti sempre un po’ di più, cercando di andare incontro ai loro bisogni.

Dal punto di vista educativo e psicologico, questa esperienza ha permesso sia ai ragazzi che agli operatori di lavorare con le proprie emozioni, provando a darne un significato e una specifica importanza; ha permesso, inoltre, di aprirsi a nuovi spazi sia esterni che interni a cui non erano abituati. Si pensava che questo aspetto destasse disagi. Ma i ragazzi non hanno avuto assolutamente bisogno di chiamare i propri genitori, feedback che ha confermato il loro benessere in nostra compagnia.

Si è cercato di creare situazioni che li obbligassero ad essere autonomi, non accompagnati dal solito supporto e sostegno. Il loro sentirsi appagati, dopo aver superato le loro paure e difficoltà, riduceva l’ansia e consolidava in loro un senso di sicurezza che deve essere continuamente confermato per il progredire del loro sviluppo.

In ogni azione svolta si è lavorato sulla quotidianità; dal fare la spesa e dividere i pesi delle buste al ritorno all’importanza dei prezzi dei prodotti; dalla propria igiene personale al rendersi utili nei momenti di condivisione (apparecchiare, sparecchiare, lavare i piatti, spazzare per terra). E in ultima istanza, ma non meno importante, il ricorrente messaggio di avere cura di ciò che non ci appartiene e riconsegnarlo esattamente come ci è stato consegnato.

Si sono create buone relazioni all’interno del gruppo e ciò che ho notato con positività è la loro capacità di legarsi e di condividere, aldilà delle specifiche problematiche che ognuno di loro aveva. Erano uniti per uno scopo comune: stare insieme.

Un altro aspetto di notevole rilevanza è il distacco dalle famiglie, che è stato fronteggiato egregiamente soprattutto in vista del fatto che la maggior parte di loro non aveva mai aderito a iniziative che li spronassero a distaccarsi dai loro genitori.

Il progetto ha permesso di valorizzare ogni partecipante rinforzandolo positivamente e gratificandolo, facendogli acquisire fiducia in se stesso e negli altri; inoltre ha reso possibile l’incentivo verso la collettività, di essere e sentirsi appartenenti ad un gruppo, componenti essenziali per acquisire identità sociale in un contesto esterno di vita.

Si è dato importanza all’autonomia personale, alla cura del sé dove ognuno di loro ha dimostrato competenza nel gestirsi autonomamente. L’uso del denaro, la serietà nel restituire il resto e l’importanza dell’evitare lo spreco dei cibi. La capacità di scegliere, nonostante desti molta difficoltà data la vulnerabilità dell’adolescenza, è stata comunque esercitata nelle cose più semplici: scelta del menù nei vari momenti del pasto e scelta delle attività da svolgere all’interno della casa nella quale abbiamo vissuto i fine settimana.

I ragazzi hanno imparato ad approcciarsi alle faccende domestiche durante i momenti di convivio, dimostrando interesse nell’aiutare gli operatori nella preparazione dei pasti; hanno mostrato interesse nel decidere insieme cosa acquistare al supermercato per la cena, la colazione, il pranzo e la merenda. Nel corso di questo progetto si è consolidata sempre di più la sfera delle relazioni interpersonali sia con i membri del gruppo che con gli operatori. Si è cercato di rendere questa nuovo progetto un continuo spunto educativo da cui imparare qualcosa e renderlo continuamente un’occasione di apprendimento e di potenziamento della fiducia e motivazione; per di più, è stato utile anche per sviluppare l’adattamento verso contesti sociali nuovi e diversi da quelli di origine.

E’ stato difficile inizialmente lavorare sul rispetto del turno di parola, diventato poi con impegno un obiettivo raggiunto: il predisporsi ad ascoltare gli altri per poi rispondere adeguatamente e rispettare i ruoli professionali.

Essendo adolescenti e non avendo mai avuto occasioni di “abbandonare” il nido familiare, erano abituati a rispondere più all’istinto che alla razionalità, ma sottolineando gli errori e facendo di questi ultimi punti di forza, abbiamo lavorato sulla comprensione degli stessi per agire in seguito diversamente.

Abbiamo curato, inoltre, le autonomie dal punto di vista affettivo; si è sempre cercato di rasserenare ragazzi e genitori sulla libertà di potersi chiamare reciprocamente in caso di mancanze, ma non c’è stato alcun bisogno. Probabilmente si sono sentiti grandi, capaci e competenti, e questo era un po’ anche il mio obiettivo.

Dal mio punto di vista, da professionista di cura, posso esprimere il mio orgoglio e la mia soddisfazione nell’aver toccato con mano questi piccoli giovani e futuri adulti potendo osservare loro nei momenti di felicità e appagamento ma anche in quelli tristi e colmi di irascibilità. Progetti di questo tipo, se fatti con criterio e nel rispetto dei tempi di risposta dei pazienti, permettono di sviluppare sicurezza, un senso di appartenenza ad un contesto o gruppo, stimolando il loro sviluppo sia biologico che psicologico.

Credendo immensamente in questo mestiere, nonostante sia fatto da molti fallimenti ma anche di grandi soddisfazioni, non mi è risultato difficile trasformare i momenti di difficoltà in risorse, gli ostacoli in momenti di crescita.

Ho, inoltre, accolto e contenuto con estrema umiltà, empatia e vicinanza il dolore e la sofferenza di quei genitori entusiasti ed emozionati nel vedere i loro figli far fronte a prove di crescita cosi impegnative. Alcuni si sono concessi attimi di sfogo con la sottoscritta, momenti in cui non potevo che rimandare rassicurazione e positività.

Questa sperimentazione progettuale, ha contribuito al grande bagaglio di esperienze che ho costruito negli anni e che continuo a realizzare giorno dopo giorno, rendendomi sempre più consapevole del fatto che è proprio nel contatto con l’utenza, minori o adulti che siano, che risiede la vera ricchezza del nostro lavoro.

È grazie alle esperienze sul campo che potenziamo la formazione verso la nostra professione, così complicata ma al tempo stesso così bella, non smettendo mai di offrire spazi di dialogo, confronto e vitalità per costruire ragazzi migliori, forti e consapevoli del loro “saper essere” e “saper fare”, nel loro qui ed ora.

Ho vissuto e risposto a questo progetto attivamente con responsabilità, passione e credo, elementi per me fondamentali in qualsiasi relazione terapeutica e di fiducia che provo a stabilire nel mio percorso di crescita con l’utenza.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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