a cura di Giglia Bitassi, amministratrice di sostegno volontaria di Bologna
Gli amministratori di sostegno (AdS) volontari nell’area metropolitana di Bologna fanno il percorso di volontariato attivo con il PROGETTO SOSTENGO.
Il progetto, che gestisce un elenco degli amministratori volontari, ha la finalità di favorire il lavoro dell’autorità giudiziaria competente, mettendo a disposizione del Giudice Tutelare un elenco di nominativi di persone volontarie preparate e motivate disposte a svolgere l’attività di amministratore di sostegno.
Il Ruolo dell’AdS volontario è quello di garantire aiuto costante a persone che perdono o non hanno sufficiente autonomia di vita senza ledere la libertà e l’autonomia residua della persona. La persona va assistita nel modo più adeguato possibile rispettando i suoi bisogni, le sue aspirazioni e i suoi limiti. Occorre un progetto per il beneficiario da condividere coi servizi pubblici se è assistito, o di attivare la rete dei servizi pubblici se ne ha diritto. Occorre condividere con il beneficiario le scelte che lo riguardano.
L’amministratore di sostegno volontario svolge un ruolo di supporto alla vita dei beneficiari, a lui assegnati con decreto del Giudice Tutelare e dei quali non ha alcuna preventiva informazione o notizia. E’ un’attività di volontariato puro senza riconoscimenti economici. Nella maggior parte dei casi gli amministratori di sostegno volontari hanno in gestione le situazioni di persone con variegate tipologie di difficoltà e normalmente con risorse economiche minime, fatto che non consente il riconoscimento dell’equo indennizzo per l’AdS.
L’istituto dell’equo indennizzo viene normalmente riconosciuto dal Giudice agli AdS che svolgono un’attività professionale quali gli avvocati ed i commercialisti e che non operano in regime di volontariato.
Il ruolo e le responsabilità di un AdS hanno il medesimo contenuto sia nel caso di volontari che di professionisti e sono regolati dalla Legge nazionale n. 6 del 2004 (prima della legge 6/2004 l’ordinamento giuridico consentiva solamente il ricorso agli istituti della interdizione o della inabilitazione) e dalla Legge regionale n.11 del 24 luglio 2009, legge che promuove il ricorso a questo strumento di tutela per la protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia.
Fare l’AdS di persone utenti dei servizi di salute mentale richiede la continuativa attività e disponibilità per consentire loro di gestirsi una vita il più possibile autonoma: ottenere e mantenere una propria abitazione; l’organizzazione abitativa: pagamenti dell’affitto, tasse, utenze, manutenzioni, rapporti col proprietario; tutte le incombenze con i diversi uffici e servizi di cui necessita la persona (Inps, Poste, servizi pubblici, servizi sanitari specialistici e servizi psichiatrici, medico di base, banche, ecc); reperire le entrate economiche sufficienti per la vita e preservarle; gestire il denaro; preservare e/o recuperare ove possibile i rapporti parentali o amicali; gestire eventuali separazioni/divorzi; accorgersi quando il proprio beneficiario rischia di entrare in difficoltà e cercare di prevenire situazioni di peggioramento cercando la collaborazione coi servizi psichiatrici. Per tutte queste attività occorre adire -con apposite relazioni dettagliate- il Giudice Tutelare per ogni attività definita straordinaria dal Giudice nello specifico decreto di assegnazione dell’amministrazione di sostegno.
Nella mia esperienza quinquennale in questo ambito di volontariato continuativo ho avuto rapporti con servizi psichiatrici diversi, sempre della città di Bologna, e con risultati molto differenziati. A seconda degli interlocutori si è passati da una comprensione del significato e degli oneri del ruolo dell’AdS volontario con fattiva reciproca collaborazione nell’interesse esclusivo del beneficiario, a secchi rifiuti di considerare l’AdS come interlocutore rinchiudendosi nel proprio univoco specifico ruolo professionale, impedendo così - di fatto- una gestione coordinata della persona assistita.
Quando la relazione di un servizio psichiatrico con l’AdS viene rinchiusa e compressa nella affermazione: devi tenere i conti e non devi occuparti di altro perché tutto il resto non è di tua competenza, non si fa un danno all’AdS volontario ma alla persona in situazione di costante necessità di supporto.
Di conseguenza viene attivato un blocco comunicativo e la gestione della vita della persona diventa a compartimenti stagni separati dall’esigenza di unitarietà che dovrebbe essere alla base di un qualsiasi servizio pubblico dedicato alla persona. La legge prevede che l’AdS faccia un progetto di vita per il proprio beneficiario, ma il progetto di vita necessita della compartecipazione dei servizi perché anch’essi svolgono un’azione di sostegno verso la persona utente del loro servizio.
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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