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Recovery College per superare l'isolamento. L'esperienza del Quartiere Navile

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

Il nuovo modello del Recovery College sul quale punta il DSM-DP dell’Ausl di Bologna è fondato sulla co-progettazione che coinvolge cittadini, associazioni, operatori e istituzioni. In questa scommessa basata sulla formazione delle persone sulla tematica della Salute Mentale e sull’offerta di servizi coadiuvanti alla terapia uno dei primi enti a partecipare è stato il Quartiere Navile del Comune di Bologna grazie all’interessamento dell’Ufficio Reti e Lavoro di Comunità.

Foto recovery Navile
Si tratta di uffici presenti in tutti i quartieri istituiti nel 2016 in stretta connessione con il Direttore e il Presidente di quartiere per gestire le problematiche del territorio con interesse soprattutto per le fasce fragili: i caregiver, le donne straniere, le fasce deboli della popolazione. L’Ufficio Reti inoltre si occupa anche della promozione di iniziative comunitarie a sfondo culturale mirate alla creazione di opportunità di socializzazione, raccogliendo in sé una serie di competenze e relazioni dirette sicuramente utili all’organizzazione di un progetto come il Recovery College.

Durante il primo lockdown ho partecipato a una videoconferenza sulla recovery con Michele Filippi dell’associazione l’Arco - racconta Raffaella Russo dell’Ufficio Reti del Quartiere Navile - Si è parlato di quanto possa pesare il giudizio con la partecipazione di alcuni ESP, utenti esperti della Salute Mentale per esperienza. Mi ha fatto riflettere su come questi momenti di confronto potessero essere utili a tutti, indipendentemente dalla presenza di una diagnosi. Come quartiere abbiamo perciò deciso di ripetere l’esperienza prima a Corticella e l’anno successivo a Pescarola , una zona popolare e con ambiti di fragilità del Quartiere Navile”.

Nel primo ciclo di incontri “Amore e dintorni” aperto a tutta la cittadinanza si è parlato del valore delle relazioni dirette. “È servito per testare le necessità del territorio”, spiega Raffaella. Come è capitato in altre circostanze il primo risultato è stato quello di creare un gruppo WhatsApp fra cittadine e cittadini che ha favorito la nascita di nuovi incontri e dialoghi, un ulteriore caso di facilitazione dei rapporti nato da un uso consapevole di un social.

A questo primo ciclo ne è seguito un altro dove ci si è confrontato su come su come uscire da un periodo di crisi. Si sono utilizzati i racconti degli ESP e si è animato un importante dibattito. Si sono raccontate esperienze come il lutto, la violenza sulle donne, l’aggressività. Nel 2023 alla Pescarola abbiamo parlato insomma di quanto abbiamo bisogno di stare in contatto l’uno con l’altro”.

E poi ancora a seguire si è trattato il tema del giudizio, su come difendersi dal giudizio altrui, su come confrontare la percezione di sé con quella che gli altri hanno di noi. “Si è avuto un ottimo risultato per un territorio molto fragile, con i cittadini molto reattivi su tematiche calde che rappresentano grandi problemi. A un tipico pregiudizio iniziale di scontro e diffidenza nei confronti delle istituzioni si è sostituito un clima di fiducia e un atteggiamento propositivo grazie anche alla sapiente mediazione di Michele Filippi”.

Il modo è stato inizialmente empirico, di prova e la mescolanza fra utenti, familiari, cittadini e operatori è funzionata molto bene: “Sono argomenti che coinvolgono tutti, la fragilità è un elemento comune. Si è compresa l’importanza di prendersi cura di sé stessi anche sotto il profilo della Salute Mentale”.

Questi esperimenti hanno poi avuto un ulteriore salto di qualità quando il Quartiere Navile è entrato in contatto la dottoressa Francesca Guzzetta del DSM-DP dell’Ausl di Bologna e Cinzia Lenzi dei gruppi di Auto Mutuo Aiuto. “Abbiamo parlato degli incontri già svolti e la dottoressa Guzzetta ci ha coinvolto nel percorso della Recovery, realizzando un corso presso la sede del Quartiere Navile, in via di Saliceto. Ho avuto anche l’occasione di partecipare alla gestione del gruppo dopo avere ricevuto una formazione sulla metodologia della Recovery Star. In quartiere abbiamo realizzato fra il 30 maggio e il 20 giugno quattro incontri sulla Recovery prendendo ispirazione dal Recovery College di Brescia, concentrandoci sul tema del cambiamento. Si è parlato di cosa significa la Recovery, prendersi cura del proprio benessere, con una parte teorica e una esperienziale, sempre aperta a tutta la cittadinanza”.

I quattro incontri che si sono succeduti a una settimana l’uno dall’altro hanno trattato temi come l’uscire da una situazione di stallo psicologico, da una situazione di crisi, e come potersi rimettere in gioco ed essere disposti a cambiare il proprio sguardo sulla vita, le vie del benessere, l’attività fisica, imparare a fare cose nuove, l’importanza della curiosità.

Il passo successivo sarà quello di creare un catalogo di iniziative da proporre come Recovery College. “Insieme al CSM Navile riproporremo il tema della Recovery l’anno prossimo - anticipa Raffaella Russo, che auspica un maggiore coinvolgimento sul tema da parte della politica cittadina - Bisognerà capire come il quartiere possa entrare in modo formale in questi percorsi di Recovery. L’intenzione è quella di aprirsi a un pubblico vasto ma bisogna che ci sia questa forte volontà da parte dell’istituzione. Bisogna allargarlo per farlo diventare un metodo valido per tutti per superare l’isolamento sociale. Noi come ufficio siamo già dentro a reti di cittadini. Lavoriamo con le associazioni, abbiamo una credibilità e lavoriamo costantemente coi cittadini più collaborativi e sensibili ai temi sociali”.

Appoggiarsi nella co-progettazione al Quartiere, suggerisce Raffaella, faciliterà la creazione di relazioni e il coinvolgimento a più livelli per attuare progetti radicati sul territorio. “Come Quartiere riusciamo ad agganciare un target di persone diverso da quello dei CSM, favorendo una partecipazione più eterogenea e lo sdoganamento dei temi della Salute Mentale, slegandoli dall’elemento diagnostico e riportandoli nell’area d’interesse dell’intera cittadinanza, facendo capire che si tratta di benessere personale e che da queste iniziative, che coinvolgono un’ampia fascia della cittadinanza, si può trarne solo beneficio”.

In una società dove si richiede troppa efficienza e produttività è importante ricalibrare i carichi stressogeni e riconsiderare le capacità reali dei singoli. Raffaella è rimasta sorpresa dalle capacità degli ESP che ha conosciuto e dalle competenze che sono in grado di esprimere. Una maggiore attenzione verso gli utenti che abbiano seguito questo percorso formativo che stimola la consapevolezza dell’utilità della propria dolorosa esperienza personale può essere di grande aiuto per loro, ricollocandoli nella comunità attraverso le loro capacità, e per gli altri, riscoprendo preziose competenze come l’empatia.

La conversazione con Raffaella Russo dell’Ufficio Reti e Lavoro di comunità si conclude con una sorta di chiamata all’azione rivolta a tutte e tutti i cittadini, affinché propongano iniziative basate su proprie competenze per incrementare il catalogo del Recovery College: “Ben vengano le iniziative dei cittadini. L’appoggio dell’Istituzione è un’opportunità e la collaborazione dà sempre i risultati migliori. Anche attraverso i patti di collaborazione l’amministrazione, se è interessata, può rimborsare i materiali. In occasione del catalogo delle iniziative che dovrebbero partire da settembre/ottobre del prossimo anno se c’è qualche competenza la accogliamo a braccia aperte”.




 

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...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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