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Alla ricerca della qualità nella Rocca di Roffeno

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Maria Berri, redattrice di Sogni&Bisogni

Lo scorso 24 maggio le associazioni Cercareoltre e Non andremo mai in tv hanno organizzato una visita presso il caseificio Santa Lucia situato a 850 m di altitudine a Rocca di Roffeno, una frazione di Castel d'Aiano (Bologna)La visita ha coinvolto le persone seguite dai servizi di Salute Mentale che hanno frequentato i corsi sul benessere fisico e sull'alimentazione sana. La redazione di Sogni&Bisogni ne ha parlato con Marie-Françoise Delatour, presidente di Cercareoltre.

Foto Articolo Caseificio

"L'anno scorso un gruppo di utenti ha frequentato un corso sul tema della sana alimentazione e come conseguenza quest'anno ha avanzato alcune richieste: visitare un caseificio, andare presso il delta del Po, ricco di produzione ittica, visitare un'azienda che produce aceto balsamico e il pastificio di zona Corticella. Abbiamo scelto questo caseificio su suggerimento di chi lo aveva già visitato in precedenza", spiega Delatour.

Al tour hanno partecipato 26 persone che, negli anni passati, hanno seguito i corsi sull'alimentazione sana, a cui si sono aggiunti alcuni frequentatori della Casa di Tina, i soci di Progetto Itaca Bologna (un'altra associazione che promuove progetti sull'alimentazione sana), e alcune persone accolte a Casa Mantovani. Il gruppo era accompagnato da cinque volontari, tra cui Maria Parracino dell'associazione Cristina Gavioli.
"Il caseificio produce il Parmigiano Reggiano – racconta Marie-Françoise Delatour – I gestori ci hanno spiegato che le mucche da stalla hanno un regime alimentare estremamente controllato: mangiano erba fresca, fieno o cereali prodotti in loco. Il parmigiano viene lavorato con un metodo ancestrale di tipo artigianale, senza fare ricorso ad additivi e simili. La tecnica di produzione non è mai mutata nel tempo".

Lo scenario che si presenta agli occhi dei visitatori è caratterizzato da un'imponente costruzione casearia, a fianco sorge la chiesa Abbaziale di Santa Lucia, che però hanno trovato chiusa, e il limitrofo Museo della civiltà contadina dell'Appennino, che hanno invece visitato.

"Prima di entrare nel caseificio – racconta Marie-Françoise - abbiamo indossato i camici bianchi di carta, necessari per poter accedere in un luogo controllato. Una volta entrati siamo stati travolti da un odore buonissimo di burro, latte e formaggio appena fatto, qualcosa di sano e di molto pregnante che si ritrova solo in questi posti. Un'esperienza olfattiva oggi riservata alle persone che riescono a entrare in un posto simile. In passato i caseifici artigianali erano tanti, mentre col tempo il loro numero è calato notevolmente".
I casari hanno illustrato al gruppo la tecnica di produzione del formaggio, anche se non c'è stata la possibilità di assistere direttamente alla lavorazione per problemi di orari non coincidenti. In seguito, i visitatori sono scesi nel caveau dove vi è il magazzino dei formaggi e hanno appreso in che modo avvengono l'affinamento e le diverse stagionature (20, 24 e 26 mesi) del parmigiano.

I casari di Santa Lucia sono stati i primi a produrre il Principe Nero o Sua Maestà il Nero, riprendendo una tecnica antica. Raggiunti i 18 mesi di stagionatura le forme vengono ricoperte da uno strato di carbone vegetale e cera d'api, per questo motivo la crosta è nera, per impedire al formaggio di perdere ulteriore umidità man mano che l'affinamento va avanti. La pasta interna del formaggio prosegue l'affinaggio e concentra i suoi sapori, ma resta più morbida rispetto a quella che viene grattugiata.
"Nel caveau abbiamo usato un particolare martelletto per percuotere le forme di formaggio. Questa operazione permette di capire se il formaggio presenta bolle d'aria e quale livello di affinamento ha raggiunto – racconta Marie-Françoise – Un esercizio simpatico, ma ovviamente ci vuole un orecchio ben allenato per poterne percepire le differenze". Infine, il gruppo si è recato nell'area di degustazione dove ha assaggiato i formaggi di diverse stagionature, apprezzando le differenze di sapore e tessitura.

"La visita agli allevamenti è stata un'esperienza completamente nuova per alcuni e molto emozionante. Poter accarezzare nella stalla i vitellini è stato un momento di vera gioia", racconta Delatour.

La giornata si è conclusa al ristorante Stella di Tolè. "Abbiamo mangiato crescentine, tigelle, salumi e formaggi di montagna – dice Delatour – Un momento di grande convivialità e condivisione che è stato molto apprezzato. Anche il viaggio in pullman è stato uno spazio di scambio e socializzazione. Ripeteremo senz'altro l'esperienza", conclude la presidente di Cercareoltre.

L'esperienza di Roberta, una delle partecipanti alla visita
"Dopo estenuanti e continue piogge che hanno tormentato la nostra regione, una splendida giornata di sole ha caratterizzato il nostro viaggio. Il paesaggio che lungo il percorso si presentava ai nostri occhi aveva il colore e la lucentezza del verde intenso dei prati bagnati e ne siamo stati tutti catturati", ricorda Roberta Panti.
Nel caveau Roberta, che lavora come ESP, è stata colpita in particolare dall'altezza delle impalcature su cui erano posizionate le forme dei formaggi secondo le varie stagionature. Nel momento della degustazione ha molto apprezzato il Re Nero: "Per me è stata una novità l'ho anche potuto acquistare nella bottega adiacente all'azienda per farlo assaggiare alla mia famiglia".
Durante la visita agli allevamenti, come Marie-Françoise, anche Roberta è rimasta piacevolmente stupita dal fatto che alcuni compagni di viaggio non avevano mai visto una mucca dal vivo e di leggere la tenerezza nei loro occhi nel toccare i vitellini.

Roberta si è anche recata al Museo di Santa Lucia di Roffeno insieme a un gruppo ristretto di visitatori: "Alle pareti sono esposti gli attrezzi delle attività casearie e dei lavori agricoli tradizionali. Mi hanno molto incuriosita e in particolare mi ha emozionato osservare lo scaldino, detto il prete, che in passato veniva usato per riscaldare le lenzuola, fredde e un pò umide in inverno. Mi ha fatto pensare ai miei nonni che lo usavano anche quando andavo a trovarli in campagna e rimanevo a dormire", racconta Roberta.

Dopo il pranzo a Tolè, il gruppo ha visitato la casa dove ha abitato Antonio, il figlio più giovane di Marie-Françoise scomparso lo scorso ottobre. Una casa in ristrutturazione immersa nel verde dove si respira aria di pace e si è a contatto diretto con la natura: "Mi sono veramente commossa nell'ascoltare Marie-Françoise che raccontava di Antonio e nel vederla contenta di questa vicinanza da parte di tutti noi. Nel complesso la gita è stata una bella esperienza che ripeterei volentieri", conclude Roberta.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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